
di ALESSANDRO LIMATOLA – Segretario Generale CLAAI
I primi segnali di ripresa dell’Economia riguardano solo il Nord dell’Italia.
Questo è ciò che risulta dal rapporto della Banca d’Italia recentemente pubblicato.
Il divario si è dunque acuito ed ha – a nostro giudizio – tra le prime cause il
credit crunch.
L’erogazione del credito bancario si è ridotta dappertutto e molto velocemente; la flessione è trasversale: ha riguardato sia le imprese di grandi dimensioni che quelle di medie e piccole dimensioni, sia le aziende manifatturiere che quelle del comparto servizi.
Le condizioni dell’offerta creditizia sono ancora tese per due ordini di ragioni; da un lato il sistema creditizio percepisce un livello di rischio ancora elevato in connessione con le non rosee prospettive dell’Economia dall’altro il sistema produttivo ha un alto livello di indebitamento specie bancario.
Occorre, però, riattivare il credito anche con il supporto vero e reale della parte Pubblica attraverso forme di garanzia collettive prime fra tutte quelle rilasciate dai Consorzi Fidi. Se non parte il credito non ripartono gli investimenti privati e se non si vedono questi ultimi l’occupazione non solo non aumenterà ma continuerà a contrarsi.
Questo vale a maggior ragione per il Mezzogiorno d’Italia dove le condizioni del sistema produttivo sono senz’altro più deboli di quelle del Centro Nord ed il blocco quasi integrale del credito bancario – in uno all’inesistenza di forme moderne di credito diverso da quello tradizionale – ha amplificato gli effetti della recessione.
Bisogna intervenire presto e bene andando a colmare almeno venti anni di assenza di qualunque politica industriale.
Le ns. imprese sono state costrette a ripiegarsi su loro stesse rimanendo su un mercato essenzialmente domestico via via più arido.
Eppure vi erano tutte le condizioni di vantaggio e di propulsione dello sviluppo per i Paesi piu’ avanzati: apertura dei mercati di esportazione, le nuove tecnologie, il miglioramento dei trasporti in termini di efficienza, rapidità e capacità di carico.
All’ opposto abbiamo assistito ad un periodo – tutt’altro che breve – di ristagno dell’Economia prima e di recessione poi. Questa lunga fase deve può e deve finire, specie in Italia.
In caso contrario il rischio concreto è che il già compromesso sistema produttivo ricco, carico, stracolmo di know how – che ha fatto grande e noto in tutto il mondo il “Made in Italy” – si disperda in maniera irrimediabile.
Non si può pensare di competere sul piano internazionale con i Paesi tecnologicamente più avanzati con una crescita del PIL di mezzo punto percentuale all’anno se si considerano gli ultimi 20 anni e di poco più dell’1% se si esclude l’ultimo quinquennio di profonda recessione.
Far ripartire il credito per gli investimenti ed adottare una politica industriale moderna, ridarà nuova linfa vitale al sistema produttivo e farà ripartire il Paese.
La competitività che potrà essere tanto più importante quanto più forte sarà la capacità di competere sul piano internazionale con prodotti e servizi innovativi ed a prezzi adeguati.










