Piano di Azione per lo Sviluppo Economico Regionale
di ALESSANDRO LIMATOLA
A distanza di circa sei mesi dagli Stati Generali dell’Economia campana siamo moderatamente ottimisti sulle prospettive future.
Vediamo perché!
Vero è che da almeno due/tre anni stiamo registrando una battuta d’arresto dell’Economia campana in termini di PIL che, peraltro, è ancora troppo legata al sostegno pubblico.
E’ tuttavia altrettanto vero che il metodo della concertazione sociale, portato finora avanti sembra che stia dando buoni frutti favorendo la condivisione degli obiettivi da perseguire ed un sano collante tra le Organizzazioni di Categoria dei rispettivi settori.
Dopo l’aperto, franco e moderno confronto in occasione degli Stati Generali, con il Paser le imprese destinatarie dei settori interessati potranno valutare i propri investimenti ed i piani di sviluppo conoscendo sin d’ora i settori prioritari e gli strumenti d’incentivazione messi a loro disposizione.
Come sistema coordinato delle PMI della Campania, riteniamo di apprezzare particolarmente lo strumento di programmazione in argomento nella parte in cui ha deciso di perseguire l’obiettivo della “Selettività” e dell’integrazione delle risorse finanziarie disponibili, così come quello di evitare “contributi a pioggia” che troppo spesso, in passato, sono andate anche a favore di quelle imprese che appaiono tutt’altro che dinamiche e competitive.
Non facciamo una questione di dimensioni aziendali, pur non rinunciando a rivendicare il ruolo guida che in questa Regione hanno le PMI in termini di sviluppo ed occupazione.
Le risorse non sono certo infinite né idonee a coprire tutte le istanze.
E’, quindi, necessario far fronte alle esigenze sostenendo, in maniera mirata, quasi chirurgica, quei settori o nicchie che hanno margini di crescita e/o quelle imprese o gruppi che hanno “qualcosa da dire al mercato”.
Condivisibile è l’idea di ricorrere a forme di private equity, così come quella di rimeditare profondamente le Aree di Sviluppo Industriale.
E’ impensabile che un’amministrazione che vuole favorire l’insediamento di nuove realtà produttive sul territorio non conosca le aree disponibili. Cosa dovrebbe rappresentare a quei soggetti che esorta ad investire in Campania? Che le ASI – che nomina, controlla e coordina – sono repubbliche autonome e (quasi) indipendenti dove si discute dei massimi sistemi e si fa poco o nulla per agevolare l’insediamento di nuove realtà produttive, nuovi servizi, oltre che di procedure certe, brevi e trasparenti?
Razionalizzare e pensare ad incentivi automatici ed in “autoliquidazione” (come il credito d’imposta) non basta. Bisogna anche colmare il gap competitivo che hanno le ns. imprese a causa: I) della carenza d’infrastrutture soprattutto tecnologiche, II) dell’insufficienza e della non piena efficacia delle risorse (anche private) dedicate alla Educazione alla Ricerca e, quindi, alla Innovazione, III) della criminalità sempre più asfissiante che tarpa le ali anche a chi può crescere, IV) di una burocrazia lenta, non sempre coerente e farraginosa.
Non dobbiamo di certo dimenticare che, anche per motivi geografici, siamo 800 km. più lontani dal cuore dell’Europa e dall’ est europeo rispetto alle imprese del nord est e del nord ovest.
Per questo motivo, da un lato, la piena integrazione economica della Campania nel contesto europeo deve essere un obiettivo ma non un miraggio e, dall’altro, non si deve perdere di vista la vocazione e la posizione strategica, anche dal punto di vista geografico, di Napoli e della Campania nel bacino del Mediterraneo.
Le questioni non appaiono certamente facili né di pronta soluzione.
Dopo la fase del confronto e della programmazione bisogna ora passare rapidamente alla fase attuativa utilizzando le risorse finanziarie già appostate e le professionalità – di cui è ricca la Campania – per monitorare costantemente la qualità della spesa.