di ALESSANDRO LIMATOLA
Mentre sullo scenario internazionale si intravedono segnali di ripresa (è notizia di questi giorni che in America riparte l’occupazione con un più 162 mila posti di lavoro nel solo mese di marzo), l’economia italiana e meridionale continua, nella migliore delle ipotesi, ad essere ristagnante.
I consumi si riducono come diretta conseguenza del reddito disponibile delle famiglie e della perdita del potere di acquisto reale della moneta.
Al governo regionale le Pmi chiedono un intervento robusto ed immediato sui temi dello sviluppo e dell’occupazione.
Ci rendiamo conto che non è possibile fare tutto e subito ma almeno segnali di attenzione posso essere inviati subito dal nuovo Esecutivo regionale.
Da dove iniziare? Quali segnali?
Riteniamo che l’urgenza sia rappresentata dall’accesso e dal costo del credito in Campania ed al Sud per le piccole e medie imprese.
Brevi considerazioni preliminari in proposito appaiono rilevanti.
La politica monetaria dei governi centrali nel recente passato ha evitato che la crisi economica travolgesse irrimediabilmente famiglie ed imprese.
Gli effetti di queste importanti decisioni hanno, però, avuto un impatto molto limitato, se non nullo, al Sud ed in Campania.
Infatti, se, da un lato, all’aumento, mai visto prima della liquidità immessa sul mercato, dall’altro, non v’è stato alcun aumento del credito alle PMI che hanno, invece, ricevuto inviti a ridurre le proprie esposizioni. In secondo luogo, la riduzione, quasi a zero, dei tassi d’interesse praticati dalle Banche centrali ha generato un aumento, in molti casi, di quelli praticati nei confronti dell’Impresa Minore.
Si potrebbe dire, è vero, l’acuirsi della crisi ha generato un aumento del rischio che va coperto dal sistema bancario con un aumento dei margini di profitto (leggi: tassi). Fino ad un certo punto però perché l’aumento è stato indiscriminato e non tarato in relazione all’aumento effettivo del rischio (leggi: in relazione alle singole imprese).
Peraltro, tale politica del credito delle Banche mal si concilia con quella mediamente realizzata negli altri Paesi della UE in cui (fonte: BCE) il costo medio del credito delle imprese è sceso – in linea con la riduzione dei tassi della banca centrale – di quasi due punti dall’inizio della crisi portandosi al 3,1%; il livello più basso negli ultimi dieci anni.
Dicevamo, cosa fare?
Riteniamo che il primo intervento necessario a favore delle PMI – che giova ricordarlo rappresentano il 99% delle imprese della Campania – sia quello di migliorare l’accesso al credito sia quello di finanziare ed irrobustire gli strumenti di garanzia collettiva.
Pensiamo ad un fondo pubblico per garantire le operazioni di finanziamento assicurata dal sistema bancario per la creazione di nuove aziende e/o per l’attuazione di piani di sviluppo di quelle esistenti.
Pensiamo anche ad un intervento deciso sul costo del danaro che può essere realizzato dall’Ente regionale e dalle Amministrazioni Locali fissando regole precise e premialità nei bandi per l’assegnazione dei servizi di tesoreria in favore di quegli istituti di credito che s’impegnino, ad esempio, a praticare condizioni di favore alle PMI della Campania (o che investono in Campania) ed a reimpiegare nel territorio regionale almeno le stesse risorse che vengono ivi raccolte.
Si tratta di interventi che richiederebbero somme davvero ridotte le quali avrebbero come destinataria la generalità delle imprese senza “filtri” né consulenti… . Intelligenti Pauca.