di EGIDIO PAOLUCCI*
Abbiamo ritenuto opportuno, in questo numero, tornare nuovamente in argomento delle importanti novità introdotte dal decreto legislativo nr. 152/06, entrato in vigore lo scorso 27 aprile, più comunemente denominato “codice dell’ambiente”.
Si tratta del nuovo Testo Unico in materia ambientale che ha l’obiettivo di semplificare e razionalizzare tutta la normativa ambientale esistente ma che ha lo scopo primario di acquisire le prescrizioni contenute in ben otto normative comunitarie, alcune ancora non entrate a pieno nella legislazione nazionale.
Nello scorso numero, abbiamo focalizzato l’attenzione sulle importanti novità che la nuova normativa ha introdotto nell’ambito della classificazione dei rifiuti, segnatamente quelli provenienti dalle lavorazioni di imprese artigiane, e sui nuovi ambiti identificativi dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi.
Ciò anche in relazione alle possibili ripercussioni che la nuova classificazione potrebbe avere sulla disciplina dello smaltimento dei rifiuti urbani ed a questi assimilabili, anche sotto il profilo dell’applicazione della relativa tariffa, oggi prevista dall’art. 238 del Testo Unico.
Il condizionale è d’obbligo, anche perché la normativa ancora non risulta essere stata attuata e già c’è chi ritiene che, in assenza di decreti ministeriali, appunto, di attuazione, alcun cambiamento di “regime” potrà mai prospettarsi, né in relazione agli obblighi fiscali né a quelli burocratici né tantomeno a quelli economico-impositivi, che lo smaltimento dei rifiuti di derivazione dal ciclo produttivo artigianale comporta.
Riteniamo opportuno, quindi, prospettare sinteticamente il quadro normativo di riferimento.
Ed allora, cominciamo dall’esame dell’art. 184 del Testo Unico, il quale al comma 2 fornice la nuova definizione dei rifiuti speciali, che alla lettera b), per quanto interessa le imprese artigiane, così li individua : rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi diversi da quelli di cui alla lettera a (ndr. rifiuti di origine domestica) assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità ai sensi dell’art. 198 comma 2 lettera g.
A questo punto, risulta opportuno esaminare il richiamato art. 198, onde individuare i rifiuti extra domestici che, oggi, sarebbero assimilati a quelli urbani.
Ed allora la norma richiamata alla lettera g) stabilisce che i Comuni hanno l’onere di stabilire l’assimilazione per quantità e qualità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’art. 195, comma 2, lettera e).
Tale ultima disposizione stabilisce – nella sua prima parte – l’assimilazione (su criteri quantitativi e qualitativi che lo Stato deve determinare – di qui la necessità dei decreti attuativi di cui sopra) ai fini della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani derivanti da enti ed imprese esercitate su aree non superiori a 150 mq. nei Comuni con un numero di abitanti non superiore a 10.000 e su aree non superiori a 250 mq. nei Comuni più grandi.
Importante, a questo punto, risulta l’esame della seconda parte della norma appena esaminata, la quale stabilisce chiaramente che: non possono di norma essere assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive …
In conclusione, dall’esame della richiamata normativa, sembrerebbe che le imprese artigiane, i cui rifiuti speciali venivano in precedenza assimilati a quelli urbani ed ora tale assimilazione non si rinviene più, non sarebbero più vincolate alla raccolta sottoposta a “servizio in privativa comunale” e se ciò (da un lato) determina maggiori oneri in termini di obblighi circa il reperimento di imprese specializzate per lo smaltimento, (da altro lato) determina l’impossibilità di conferire i predetti rifiuti al servizio pubblico, con ogni conseguenza in relazione all’esonero della Tarsu.
In verità, il testo non sembra ancora chiaro né esaustivo e, pertanto, attendiamo aggiornamenti in merito, ma, in tutto ciò, una prospettiva sembra aprirsi per le imprese artigiane, ovvero quella di ottenere finalmente il riconoscimento che su una medesima area produttiva non può applicarsi una doppia imposizione (come avviene attualmente in alcune aree): da un lato l’obbligo di legge di smaltire i rifiuti a proprie spese e dall’altro l’obbligo di pagamento della Tarsu in favore delle amministrazioni comunali.
responsabile ufficio legale Claai