di ALESSANDRO LIMATOLA
Siamo davvero preoccupati per il testo della manovra finanziaria varata dal Governo nel Consiglio dei Ministri di venerdì 29 settembre.
Le misure appaiono davvero miopi e non certo in grado di sostenere la ripresa che è e rimane lontana, specie al Sud.
Le decisioni dell’Esecutivo produrranno certamente effetti, non certo positivi, sulla già debole economia campana e meridionale.
Le esigenze delle imprese più piccole sono state totalmente obliterate.
La percezione che si ha, esaminando il provvedimento approvato, è che ci si trova di fronte ad un’inequivoca volontà di “punire” i piccoli e medi imprenditori, quelli cioè che fino a questo momento hanno retto le sorti dell’Economia.
Il campionario appare vastissimo: si parte dal TFR che verrà gestito, secondo le intenzioni, dall’Inps per giungere alla revisione degli studi di settore passando per l’aumento dei contributi pensionistici degli autonomi e per una nascosta reintroduzione dell’imposta di successione.
Oltre che nel merito la manovra approvata appare errata anche nel metodo visto che la “concertazione” è rimasta una mera petizione di principio.
Come per il decreto sulle “ liberalizzazioni” ci si trova di fronte ad un inaccettabile blitz del governo su materie delicate assai e profili non contingenti ma di lungo periodo.
Se concertazione c’è stata questa ha riguardato solo il mondo del lavoro.
Di certo non appare idonea a compensare la “batosta”, la promessa riduzione di cinque punti del cuneo fiscale che non solo non potrà essere integralmente utilizzata dalle imprese, ma verrà “diluita” in due soluzioni.
Di tagli alle spese neppure l’ombra. Eppure si era parlato di una manovra che avrebbe fatto “dimagrire” la spesa pubblica da un lato e tonificato, dall’altro, il sistema imprenditoriale.
Con la manovra realizzata sembra, invece, che l’Amministrazione abbia puntato più sulla disidratazione delle nostre imprese già in affanno per le note difficoltà congiunturali e strutturali.
Fortunatamente quello approvato è solo un “progetto” ed andrà discusso in Parlamento. Di certo dovrà, a nostro avviso, essere rivista la impostazione di fondo, pauperistica e livellatrice.
Stentiamo a credere che il provvedimento sia uscito dalla penna del Presidente del Consiglio dei Ministri o da quella del Ministro dell’Economia. Pensiamo che, invece, sia il frutto del “lavoro” di un noto vice Ministro che già in passato, da Ministro, aveva fatto “ danni”.
Occorre, quindi, che i piccoli e medi imprenditori, anche attraverso le strutture che ne rappresentano gli interessi, escano dallo stato di torpore in cui si trovano e facciano sentire la propria voce per la salvaguardia degli interessi reali delle imprese e dei lavoratori che vi sono occupati.
Si tratta di uno sforzo necessario. Non è possibile pensare di agganciare la locomotiva della ripresa con l’ulteriore innalzamento della, già asfissiante, pressione fiscale.
Non ci si trova di fronte ad una lobby, ma all’esigenza reale di crescita economica e sociale del Paese ed in particolare del Sud che, per giunta, ha bisogno di colmare un non trascurabile gap competitivo.