di ALESSANDRO LIMATOLA
La “Lenzuolata” di provvedimenti del pacchetto Bersani 2 appare prima facie non più di un segnale di dubbia utilità. Del resto è stato lo stesso Presidente Prodi ad affermare che le nuove misure “non cambieranno la faccia dell’Italia“.
Ad onor del vero ci si trova di fronte ad interventi frutto non solo dell’attivismo del Ministro Bersani, ma anche di altri Ministri, primo tra tutti il vice presidente del Consiglio, On. Francesco Rutelli.
In linea di principio non siamo contrari alle liberalizzazioni; riteniamo, però, che vadano fatte con coerenza, tenendo presenti i reali obiettivi da perseguire e senza propaganda.
Abbiamo ancora nelle orecchie la caciara creatasi dopo il summit di Caserta al termine del quale, più d’uno ha affermato che l’incontro non ha portato alcun incremento se non il tasso di confusione e di conflittualità all’interno della maggioranza di governo.
Per questo motivo sospendiamo ogni giudizio sul Bersani 2 sperando che non ci si trovi di fronte ad una manovra frettolosamente rispolverata pur di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica e di produrre così l’effetto di cambiare il tema della discussione.
Preferiamo non raccogliere le sollecitazioni da più parti provenienti, in ordine al reale vantaggio economico per famiglia che potrebbe derivare dalle misure approvate, sia perché non crediamo a calcoli estemporanei, effettuati, peraltro, senza alcun rigore scientifico, sia perché attendiamo di verificare il reale incremento in termini di occupazione e di crescita che il decreto (semprechè non stravolto dal Parlamento) produrrà.
Di certo non si può essere contrari all’abolizione dell’antipatica tassa sulle ricariche così come sulla penale che il consumatore deve pagare per estinguere anticipatamente un mutuo bancario.
Tuttavia non è così solo che si risolvono i problemi della competitività e modernizzazione di cui – sempre più – necessita il nostro Paese.
Per la verità non ci appassioniamo neppure al lavoro dei dietrologi, impegnati nello sterile obiettivo d’individuare i soggetti che il Governo intenderebbe avvantaggiare. Se le Coop si avvantaggiano o meno dalle nuove misure è un dato che non ci interessa particolarmente.
Ciò che reputiamo indispensabile è verificare se le nuove misure determinano un innalzamento del livello di competitività delle nostre piccole e medie imprese. Se cioè si aiuta la “minor impresa” ad innovarsi ed a competere sui mercati globali: in una parola a crescere.
Questo è, a nostro giudizio, l’unico metro di valutazione dell’efficacia delle nuove misure perché non ci si deve dimenticare che gran parte degli italiani sono occupati in PMI che rappresentano il 95% del numero complessivo delle nostre Aziende.
Mirare unicamente al Consumatore (che merita la sua giusta tutela) non appare giusto perché prima di essere consumatore ogni cittadino deve essere un produttore di reddito e senza questo non può spendere.
L’iniziativa del Governo avrebbe, pertanto, bisogno di una brusca sterzata verso le PMI le quali da un controllo serrato della PA sulle loro attività, accompagnato da una grande attenzione complessiva sul ruolo sociale che svolgono, da un po’ di tempo sono destinatarie di un’attività strisciante diretta ad ostacolarne la crescita.
Come si può pensare di liberalizzare gli orari di apertura e chiusura degli esercizi, senza consentire alle PMI di organizzarsi adeguatamente o per tempo ?
La Grande impresa e la grande distribuzione probabilmente non avranno questo problema e continueranno a “bruciare” un numero indiscriminato di piccoli esercizi “di vicinato” il cui indice di occupazione per milione di fatturato è stato ed è, senz’altro, più elevato delle grandi strutture.
Il serio rischio che corriamo è quello di buttare il bambino con l’acqua sporca nel tentativo di dimostrare un attivismo nel favorire la modernizzazione del Paese.
Se ciò avvenisse sarebbe un’ulteriore occasione sprecata!










