Credito d’imposta per nuove assunzioni: primo passo per la crescita economica e sociale del Sud
di ALESSANDRO LIMATOLA
La misura contenuta nella legge finanziaria 2008, finalizzata ad incrementare i livelli occupazionali nel Mezzogiorno d’Italia, non può non essere salutata con favore visto che rappresenta una forma di sostegno diretto, senza “filtri” né intermediari, al sistema delle imprese meridionali.
Lo strumento del credito d’imposta, finora sottoutilizzato, costituisce una garanzia non solo per il Pubblico ma anche per il Privato visto che va a favorire ed interessa solo quei soggetti che operano sul Territorio rispettando le Regole, prima di tutto quelle fiscali.
E’ uno strumento che consente di evitare (come in passato, invece, avvenuto) che forme d’incentivazione pubbliche si rivelino un boomerang, un fattore distorsivo della Concorrenza.
Parimenti apprezzabile (ancorchè non risolutivo) è lo sforzo dedicato ad arginare la “Fuga dei Cervelli”, sempre più evidente al Sud e la collaborazione tra PMI e Mondo Universitario.
Ci si trova di fronte a strumenti importanti ed innovativi, in controtendenza rispetto alle politiche di sviluppo finora messe in campo.
E’ un importante passo che, però, non possiamo giudicare risolutivo né sufficiente.
Se, infatti,non si vuole che resti una misura spot ma un intervento strutturale va, a nostro giudizio, agganciata – come in un’ideale catena – ad altre maglie delle politiche occupazionali.
Riteniamo, in particolare, utile – oltre che un buon segnale di distensione – avviare la discussione sulla riduzione del carico fiscale sui salari ed andare incontro a quell’area del lavoro dipendente che vede nella produttività un fattore determinante per lo Sviluppo sociale ed occupazionale del Sud, molto più importante della cd. Stabilità occupazionale che ha pesato fortemente nei processi di cambiamento dell’intero Paese ed ha contribuito – non poco – alla perdita di competitività registrato negli ultimi 15 anni.
Specie il comparto manifatturiero (old economy) non può prescindere da accordi e misure che creino interessi convergenti delle PMI e del mondo del lavoro – pur nel rispetto dei Diritti Fondamentali di chi presta la propria opera – e che guardino alla produttività come fattore di crescita e di gratificazione reciproca.
Un altro anello della catena è la completa rivisitazione della Formazione Professionale la quale non ha (quasi mai) centrato i propri obiettivi.
Vanno, a questo proposito, riviste le politiche messe in campo il cui fine (dagli inizi degli anni 90 e per un quindicennio) è stato quello di mettere in campo il maggior numero d’interventi possibili, prescindendo cioè da qualunque verifica sull’efficacia degli interventi e sulla qualità della spesa. Negli ultimi anni assistiamo, invece, ad un blocco generalizzato degli interventi generato, con ogni probabilità dal timore di commettere errori. Condotta questa che appare ancor più colpevole della precedente.
La formazione e l’aggiornamento professionale rappresentato, invece, un fattore, forse il più importante, di crescita economica e sociale per Imprese e Lavoratori che richiede interventi moderni, mirati e monitorati, e non “ammortizzatori sociali” né una colpevole ignavia.