di ALESSANDRO LIMATOLA – Segretario Generale CLAAI
La situazione italiana è difficile: quella economica è assolutamente complessa.
Ciò nonostante le forze politiche del ns. Paese continuano a creare tensioni con
sterili discussioni su temi che nulla hanno a che fare (a voler essere buoni) con l’interesse del Paese e degli italiani.
Fanno ciò con un senso d’irresponsabilità mai visto prima e nell’indifferenza dei più !
L’instabilità danneggia la ripresa, quella “ripresina” che in Italia si vede solo sullo sfondo ed i cui effetti sono ancora lontani dall’essere tangibili.
Ritardare la ripresa significa impedire – ora non domani – la crescita e lo sviluppo di nuove realtà economiche ed imprenditoriali, significa anche rinviare – non si sa a quale scadenza – la crescita occupazionale e sociale e del benessere più in generale.
Ci troviamo di fronte a comportamenti che – a nostro avviso – vanno stigmatizzati e che rappresentano la dimostrazione plastica che la vita politica, in concreto, realizza effetti diametralmente opposti a quelli professati in pubblico con ricette più o meno magiche per sollecitare, catturare il consenso popolare.
I segnali degli effetti deleteri dell’instabilità sono sotto gli occhi di tutti e tutti ne devono avere piena contezza, in modo da individuare le responsabilità di chi ci ha portati a questo punto.
Gli osservatori esteri ed esterni, primo fra tutti il fondo Monetario Internazionale, non potrebbero essere più chiari: “Le tensioni politiche possono frenare la ripresa in Italia”.
I mercati finanziari hanno immediato risposto ai rischi dell’instabilità Paese con un aumento del differenziale sul rendimento dei titoli di Stato, quel famigerato Spread che – oltre ad aver generato la caduta del Governo Berlusconi – misura la fiducia degli investitori istituzionali verso il ns. Paese.
Dopo più di un quinquennio di fortissima contrazione dell’Economia e dei consumi interni nel ns. Paese, sembra che qualcosa si muova nel senso che sembra vi siano segnali di stabilizzazione.
L’Italia ha bisogno di politiche di stabilizzazione e di consolidamento del sistema bancario, strumento – questo – propedeutico a superare la ristrettezza del credito che sta soffocando qualunque progetto di sviluppo e/o di nuove iniziative imprenditoriali.
Le forze politiche – con la vigile attenzione degli italiani – dovrebbero assicurare le necessarie Riforme strutturali per rendere più competitiva l’impresa italiana relegata agli ultimi posti nelle classifiche internazionali.
Per Riforme Strutturali – espressione troppo spesso usata senza contenuti reali – intendiamo prima di tutto Liberalizzazioni di alcuni grandi mercati (ancora troppo spesso appannaggio di pochi) ed in secondo luogo efficienza della Pubblica Amministrazione.
Come si possono sollecitare investimenti nel ns. Paese con un’organizzazione dell’Amministrazione Pubblica ottocentesca?
Da qui si può partire per consentire di uscire dall’attuale fase stagnante della produttività italiana e dal difficilissimo contesto in cui si fa impresa. Da qui si può, altresì, partire per avviare una decisa azione di abbattimento dello stock di debito pubblico.
Ci sembrano siano interventi necessari – cui dovrebbe dedicarsi la Politica a tutti i livelli – grazie ai quali si potrà portare a compimento l’azione di risanamento dei conti pubblici impostaci dall’Unione Europea.
Solo attraverso mirate azioni – come queste – di modernizzazione istituzionale, prima che infrastrutturale ed economica, si potrà portare l’Italia nella giusta direzione ed assicurare alle prossime generazioni un futuro di opportunità quanto meno pari a quelle che la classe dirigente del dopoguerra – con visione lungimirante – ha garantito per oltre 40 anni alle generazioni successive.