GIURISPRUDENZA-Riconosciuto il diritto all’assistenza.
Tutele per i parenti degli handicappati
di GIANLUCA STANZIONE
L’articolo 33, 5° comma, della legge quadro 5 febbraio 1992 numero 104 per l’assistenza, l’integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate, riconosce al genitore o al familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap il diritto di scegliere – ove possibile – la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Dal lessico normativo emerge che il beneficio in questione, rivolto a tutelare una situazione di handicap del congiunto, è subordinato ad uno stato di convivenza in atto del dipendente con il congiunto handicappato, tale da consentire da parte del primo una prestazione di assistenza continua ed effettiva di tipo materiale.
Problemi di compatibilità
Tale diritto del genitore o familiare di scegliere la sede più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito senza il suo consenso, oltre ai requisiti previsti dalla legge, presuppone, però, la compatibilità con l’interesse comune, attraverso l’individuazione del giusto equilibrio fra le esigenze, opposte, del lavoratore che presta assistenza ad un familiare con handicap e del datore di lavoro.
La giurisprudenza sia di legittimità che di merito si è più volte pronunciata sul punto precisando che la presenza – nella norma citata – dell’inciso “ove possibile”, va inteso in senso oggettivo, senza cioè riconoscere alcun spazio alle decisioni discrezionali del datore di lavoro, chiarendo, altresì, che il diritto all’effettiva tutela del portatore di handicap non può essere fatto valere quando il relativo esercizio venga a ledere – soprattutto nell’ambito dei rapporti di pubblico impiego – le esigenze organizzative ed economiche dell’azienda.
Equilibri difficili
Il diritto riconosciuto dall’articolo 33, 5° comma, deve essere, quindi, contemperato con l’interesse pubblico ad un efficiente organizzazione degli uffici ed una razionale distribuzione del personale nelle diverse sedi, attraverso un’indagine attenta delle singole fattispecie concrete che giustifichino la decisione di accogliere o meno l’istanza di trasferimento del lavoratore.
Si tratta, in altri termini, di raggiungere un equilibrio.
E’ innegabile, quindi, che in presenza di situazioni particolarmente gravi debba essere concessa, a chi ne proponga istanza, l’agevolazione di cui all’articolo 33, comma 5, della legge 104/92, considerato che la logica che ha ispirato il legislatore nel dettare tale disposizione è stata quella di assicurare – nell’interesse della persona disabile – l’assistenza continuativa di cui questa necessita da parte del lavoratore convivente, onde consentire anche a quest’ultimo, nell’interesse privato e pubblico, di poter svolgere la propria attività lavorativa nelle condizioni più favorevoli possibili, sì da conciliare al meglio l’impegno lavorativo e quello familiare.
dal Notiziario CLAAI -Gennaio 2003