Il rapporto Paying taxes 2016 colloca l’Italia al 137esimo posto in termini di competitività fiscale a causa delle tasse eccessive a carico delle aziende che ne frenano la crescita e lo sviluppo.
La notevole pressione fiscale è da sempre il primo nemico dell’imprenditorialità italiana.
Il Bel Paese rispetto agli altri Paesi europei è rinomato per questo primato ben poco invidiabile che consiste non solo nelle innumerevoli tasse da pagare ma anche nell’eccessiva burocrazia dei processi di pagamento che ne compromettono l’efficienza soprattutto in termini di tempo. A tal proposito riportiamo l’intervento del segretario generale della CLAAI Marco Accornero:
“Il rapporto ‘Paying taxes 2016′ della Banca mondiale delinea un quadro desolante per l’Italia sul fronte del carico fiscale che grava sulle imprese: un prelievo pari al 68% sui profitti ci colloca al 137esimo posto nel mondo in termini di competività fiscale, segno che la strada da percorrere è ancora lunga”.
Lo dichiara, in una nota, il segretario generale della Confederazione libere associazioni artigiane italiane (Claai), Marco Accornero.
“Un cuneo fiscale così imponente, molto più consistente rispetto alla media europea, costituisce una zavorra al tentativo di ripresa che le pmi stanno cercando di mettere in campo dopo una lunga crisi che ha minato le fondamenta del nostro sistema produttivo”, sottolinea Accornero.
“Questo scenario, inoltre, evidenzia un dato incontrovertibile: se le tasse sulle imprese sono così elevate è chiaro che quelle italiane soffrono, in termini di concorrenza, rispetto a quelle europee e mondiali”, prosegue il segretario generale della Claai. “Di fronte a questa situazione che per molte piccole imprese, soprattutto quelle artigiane, si configura come un cappio al collo, chiediamo al Governo di dare impulso a quelle riforme volte a ridurre la pressione fiscale e a semplificare la burocrazia (ogni anno vengono spese 269 ore per gli adempimenti), liberando risorse per gli investimenti attraverso interventi più decisi sulla spesa pubblica improduttiva”, conclude Accornero.