Obiettivo sviluppo: il Mezzogiorno è in ritardo
Insediamenti produttivi: la chiave del progresso
Gli investitori devono essere invogliati
Occorrono flessibilità ed opportunità
I dati, pubblicati di recente, sulla crescita dell’economia nelle Regioni del Mezzogiorno non appaiono confortanti sia se letti in termini assoluti sia se visti in relazione a quelli delle Regioni del Centro Nord.
Infatti, il tasso di crescita del Pil nel sud si attesta all’1,4 per cento, con un dato tendenziale del 2,3 per cento rispetto all’anno precedente, mentre nel Centro Nord il Pil è aumentato dell’1,5 per cento.
Ciò significa che i livelli di crescita non solo sono assai contenuti, ma appaiono inadeguati rispetto a quelli fatti registrare da Regioni economicamente più importanti che, proprio per questo motivo, avrebbero dovuto conseguire risultati meno significativi.
Da ciò si deduce che gli spazi di crescita per le nostre zone sono enormi e vanno assolutamente sfruttati.
Per raggiungere questo obiettivo, ritenuto essenziale, occorre che nei documenti di programmazione economico finanziaria, sia nazionale che regionale, si pongano le basi per le riforme essenziali di cui il nostro Paese ha bisogno.
Gli analoghi documenti predisposti negli anni scorsi sono stati in parte condizionati da periodi di transizione e da eventi contingenti eccezionali di carattere internazionale.
Quest’anno non ci sono più alibi.
Attendiamo significativi interventi perché si possano realizzare nuovi insediamenti produttivi nelle arre economiche più svantaggiate.
Accanto ad interventi che stimolino l’interesse degli investitori, è necessario che le misure che saranno adottate non consentano il cosiddetto “mordi e fuggi”.
Troppe volte abbiamo registrato la “calata” di gruppi industriali del Nord Italia ed esteri che, attratti evidentemente solo dalle risorse messe a disposizione dalla pubblica amministrazione, sono andati via poco dopo aver riscosso le provvidenze.
Solo creando insediamenti stabili, organizzati ed integrati con i più moderni servizi di cui le imprese hanno bisogno si può accrescere, completare e dove necessario riqualificare il tessuto produttivo del Meridione.
Le infrastrutture ed i servizi sono assai carenti e rappresentano un ulteriore freno alla crescita economica del Sud.
Da troppo tempo si annunciano opere e cantieri che difficilmente vedono la luce del sole.
L’esempio dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria è sotto gli occhi di tutti: i lavori, partiti con enorme ritardo, continuano ad andare avanti con grande lentezza.
Appare lecito, dunque, l’interrogativo: quale appeal può avere il Mezzogiorno per le imprese che non sono già ivi allocate?.
Per la verità la lentezza della burocrazia ed il mancato affiancamento della pubblica amministrazione non stimolano neppure gli imprenditori del Mezzogiorno. Sulle politiche del lavoro e della previdenza obbligatoria occorre che tutti facciano uno sforzo di coerenza, dichiarando apertamente che il sistema attuale va integralmente riformato, perché destinato al collasso.
Abbiamo parlato di politiche del lavoro perché al Sud non possiamo ritenere esistente un mercato del lavoro che presuppone un’offerta ed una domanda che di fatto non c’è.
Solo creando la domanda, attraverso la creazione di nuovi insediamenti produttivi, e nel contempo rimuovere il gesso che costringe la richiesta di lavoro proveniente dalle imprese, si potrà dare un’adeguata risposta occupazionale ai giovani del Sud.
Pur non essendo la riforma dell’articolo 18 una condizione pregiudiziale, occorre creare le basi perché le imprese, piccole o grandi, vedano l’assunzione di nuovi lavoratori come un’occasione di sviluppo e non come una necessità, quasi una costrizione, improcrastinabile.
Per fare ciò bisognerà creare a breve un’integrazione stretta e proporzionale sia tra livelli retributivi e di produttività che tra livelli retributivi ed andamenti aziendali.
Fermi restando gli sgravi contributivi ed il credito d’imposta, appare inoltre necessario favorire una più netta “scala” retributiva che presuppone, d’intesa tra le parti sociali, la deroga dei livelli minimi, specie per le nuove assunzioni e per i profili a minor contenuto professionale.
Solo riformando, senza stravolgere l’esistente contesto, si potranno dare risposte adeguate a chi le attende da anni.
Uno sforzo di maturità e di obiettività in tal senso deve essere compiuto anche dai Sindacati, evitando di assumere improduttive posizioni oltranziste ed aventiniane.
Alessandro Limatola
dal Notiziario CLAAI – Aprile 2002