Contrariamente a quantosi possa pensare, nelle piccole e piccolissime imprese non è affatto più difficile farsi male rispetto alle grandi imprese industriali…
Un dossierpresentato recentemente dalla Camera di Commercio di Milano lo confermerebbe.
Un morto o un ferito in una grande impresa balza subito alla cronaca e scatena magari interventi dei sindacati e proteste aziendali, mentre nelle piccole, medie e micro imprese – dunque soprattutto nel settore artigianale – eccetto che per i casi mortali e gravemente invalidanti, i riflettori non si accendono con tanta frequenza. Ed è proprio questa diversità che spesso porta a credere che nelle aziende di piccole dimensioni ci sia un minor rischio.
Una convinzione che non corrisponde alla realtà, come ha mostrato un dossier dal titolo “Testo Unico e Microimprese” della Camera di Commercio di Milano.
Si è, infatti, rivelato, che mentre nelle aziende di tipo industriale il tasso degli infortuni è intorno al 30 per mille, nelle imprese di tipo artigiano il valore sale al 40 per mille, con punte – per le aziende più piccole – che superano il 60 per mille.
Tutto insomma tende a smentire la convinzione che gli artigiani siano più al sicuro degli altri. Entrando nei dettagli del dossier sin scopre così che la falegnameria è l’attività più rischiosa tra quelle compiute da aziende artigiane.
Nel settore del legno mediamente si registrano 58 infortuni indennizzati ogni 1000 addetti del settore artigiano ma la cifra sale a 77 su mille se si considerano solo quelle che hanno meno di 16 addetti e dunque se ne ricava che più piccola è l’impresa e più alto è il rischio. E i dati di questo dossier sono del tutto confermati anche dalle statistiche riferite al periodo 2000- 2005 di ex Ispesl ed Inail che registra che nelle aziende fino a nove addetti sono avvenuti, nel periodo considerato, più dell’85% degli infortuni mortali, un dato schiacciate che difficilmente si presa ad interpretazioni equivoche.
Sul perché poi nelle piccole aziende ci sia un maggior numero di infortuni ci sonodiverse ipotesi.
La prima è che siano proprio queste ad assorbire lavoratori non ancora esperti, magari al primo impiego e, al tempo stesso, non siano in grado di garantire un approfondito addestramento iniziale sui rischi. Ma il dato potrebbe essere influenzato dal sospetto che il lavoro nero c’entri qualche cosa, con lavoratori “regolarizzati” solo quando non se ne puòfare a meno, per la gravità dell’incidente.
Tuttavia sul fronte delle imprese artigiane non è tutto nero e bisogna inserire questi dati in quadro che dice che il numero degli infortuni è comunque in calo, come dimostrano i dati dell’Inail: una flessione nell’ultimo quinquennio del 28% per gli incidenti e del 35% nei casi mortali.
Circa la metà degli incidenti che si registrano nelle piccole e medie imprese è da ascrivere agli incidenti che avvengono sulla strada, sia in itinere che durante lo svolgimento del lavoro.
Purtroppo per prevenirli il datore di lavoro non può fare moltissimo. Al di là di questo però è effettivamente vero che applicare la sicurezza nelle imprese artigiane è più difficile, e i dati lo confermano.
Parte del problema sta sicuramente nel fatto che le normative sono complesse e farraginose, non certo modulate sulle piccole e piccolissime realtà aziendali ed artigiane, richiedendo al piccolo imprenditore di compilare una molteplicità di documenti e moduli, da conservare in azienda e spesso lo “costringono” ad avvalersi di un consulente.
Da questo punto di vista a poco o nulla sono serviti i modelli semplificati di Valutazione dei Rischi, di Piano Operativo di Sicurezza e Piano di Coordinamento, approvati ed entrati in vigore recentemente.
Di fronte a tutta questa complessità l’artigiano tende ad ignorare in toto la normativa perché eseguire tutte le formalità correttamente è un’impresa scoraggiante.
E a farne le spese poi sono anche le misure di sicurezza concrete.
Se tutto fosse semplificato si potrebbe invece puntare a far applicare alcune norme di sicurezza concrete e fondamentali.
Fondamentale appare, dunque, anche il ruolo delle Associazioni di categoria, che devono fare la propria parte promuovendo aggiornamenti e incontri, anche se probabilmente questo da solo non basterà per far rispettare a pieno le normative nelle aziende più piccole”
Domenico Berritto