E’ stato firmato, a Roma presso la Confindustria, il documento “Progetto Mezzogiorno. I protagonisti dell’economia e del lavoro per lo sviluppo del Mezzogiorno” tra le Associazioni dei Datori di Lavoro ed i Sindacati dei Lavoratori.
La CLAAI, con la firma dell’avv. Alessandro Limatola – Segretario generale della CLAAI Campania e con delega ai problemi del Mezzogiorno – è la solo organizzazione dell’Artigianato e delle PMI ad aver aderito all’intesa.
Di seguito pubblichiamo il Documento “Progetto Mezzogiorno” e l’intervento dell’avv. Alessandro Limatola al summit in Confindustria.
PROGETTO MEZZOGIORNO
I protagonisti dell’economia e del lavoro
per lo sviluppo del Mezzogiorno
Roma, 2 novembre 2004
SOMMARIO
Progetto Mezzogiorno. I protagonisti dell’economia e del lavoro per lo sviluppo del Mezzogiorno*
1. Gli obiettivi del progetto 5
2. Gli ambiti di intervento 6
o Una impresa competitiva
o L’attrazione degli investimenti
o La valorizzazione delle risorse
3. I fattori dello sviluppo 9
o La fiscalità di vantaggio
o La revisione degli incentivi alle imprese
o Le infrastrutture e la logistica
o Le imprese e il credito
o Promuovere centri universitari di eccellenza
o Un piano per la ricerca e l’innovazione
o Le altre condizioni di contesto
4. Le risorse finanziarie 15
5. Le priorità d’azione nel breve periodo 17
6. Rilanciare la concertazione 18
* Hanno contribuito ai lavori: Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), Ferrovie dello Stato, Sviluppo Italia.
I protagonisti dell’economia
per lo sviluppo
del Mezzogiorno
1. GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO
Questo documento vuole modificare, in termini innovativi, la logica sin qui seguita nell’impostare i programmi di intervento nel Mezzogiorno: intendiamo, infatti, partire dai punti di forza di cui il Sud è dotato per:
Þ elaborare proposte condivise dalle organizzazioni imprenditoriali e sindacali, anche al fine di contribuire alla definizione di impegni pubblici (dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali) compatibili con i vincoli di finanza pubblica;
Þ individuare gli strumenti e le modalità di intervento più adatti;
Þ suggerire gli interventi di contesto indispensabili;
Þ proporre i sei interventi chiave da realizzare nell’immediato;
Þ approfondire gli esempi di progettualità, le buone prassi, le priorità di intervento e il ruolo che ciascuna delle parti coinvolte può svolgere;
Þ promuovere il consolidamento del “capitale sociale”, ovvero delle relazioni tra i protagonisti dell’economia, come condizione per lo sviluppo economico.
Þ individuare interventi per garantire condizioni di sicurezza del territorio e dell’esercizio delle attività economiche;
Þ promuovere tutte le iniziative economiche e contrattuali che eliminino ogni fenomeno di concorrenza sleale e rafforzino il collegamento tra sostegni alle imprese e rispetto degli obblighi contributi e contrattuali.
Þ attuare politiche di sviluppo che contrastino il lavoro nero irregolare che nel Sud rappresenta un fenomeno molto diffuso, attraverso un rinnovato impegno nella elaborazione e nella definizione di idonee strategie.
Le risorse disponibili
Il presupposto da cui si intende partire è che le regioni meridionali, nonostante l’indubbio percorso di crescita conosciuto negli ultimi anni, sono ancora caratterizzate da un utilizzo insufficiente delle risorse più importanti:
quelle naturali, ambientali e storico-culturali, che rappresentano potenziali fattori di attrazione di flussi turistici, di creazione d’impresa e di nuovi posti di lavoro, e, non da ultimo, di miglioramento della qualità della vita per la popolazione;
le produzioni tipiche del territorio meridionale, prime fra tutte quelle dell’agricoltura, dell’industria agroalimentare e dell’artigianato, ancora poco presenti sui mercati nazionali ed internazionali: l’agricoltura meridionale rappresenta oltre il 40% della produzione agricola nazionale, ma il Mezzogiorno copre appena il 15% dell’export dell’industria alimentare;
le risorse umane, caratterizzate da una rilevante presenza di profili professionali ad alto livello di scolarizzazione, ma anche da un tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa (46,2% nel 2003), ben lontano dagli obiettivi di Lisbona (70% nel 2010), interessate da una consistente emigrazione verso il Centro Nord (circa 70 mila unità all’anno, con una forte presenza di giovani scolarizzati) che sottrae capitale umano al territorio meridionale;
una maggiore vitalità imprenditoriale (nel 2003 il saldo tra le nuove imprese e quelle cessate è pari al 2,3% delle imprese esistenti al Sud, rispetto all’ 1,8% nel Centro Nord), frenata tuttavia dal peso eccessivo dei costi e dei tempi amministrativi e dalle carenze della strumentazione di sostegno;
il posizionamento strategico al centro del bacino del Mediterraneo, non valorizzato dalla insufficiente dotazione infrastrutturale e logistica;
la crescita di una rete di relazioni cooperative tra attori pubblici, privati, associazionismo diffuso (231 Patti territoriali siglati, 11 contratti d’Area, oltre 130 PIT) che raramente si è tradotta in una reale partecipazione ai meccanismi decisionali;
le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dalla società dell’informazione, potenzialmente in grado di annullare l’handicap della perifericità geografica, ma relativamente meno diffuse nel Mezzogiorno: se l’Italia investe appena l’1,11% del Pil nella ricerca, la percentuale scende allo 0,75% nel Mezzogiorno; accedono ad internet appena un quarto delle famiglie meridionali, un terzo di quelle del Centro Nord;
la disponibilità nel territorio meridionale di aree da destinare a nuovi insediamenti produttivi, vantaggio localizzativo che viene limitato dai problemi burocratici, autorizzativi e gestionali, in particolare delle ASI.
2. GLI AMBITI DI INTERVENTO
E’ su queste risorse che il Mezzogiorno può e deve contare al fine di raggiungere quegli obiettivi di crescita della ricchezza, dell’occupazione, di sviluppo sostenibile che i protagonisti dell’economia (le Associazioni imprenditoriali e le Organizzazioni sindacali) ritengono non solo possibili ma al tempo stesso necessari per la crescita economica dell’intero Paese.
Tre sono le priorità strategiche che appaiono maggiormente in grado di utilizzare al meglio queste risorse per il raggiungimento degli obiettivi di crescita: il consolidamento di un tessuto imprenditoriale aperto alla innovazione e alla competizione; l’attrazione di nuovi investimenti nazionali ed esteri; la valorizzazione delle specificità produttive, culturali, ambientali del Mezzogiorno.
Una impresa competitiva
La principale priorità di intervento va individuata nel consolidamento di una industria manifatturiera e di un sistema dei servizi aperti ai valori della competizione e dell’innovazione a partire dalle proprie specificità produttive.
Una industria di qualità, radicata nel territorio, è condizione fondamentale per lo sviluppo duraturo del Mezzogiorno.
A fianco di una forte specificità territoriale in alcuni settori, prima di tutto nell’agroalimentare, l’industria meridionale risulta, infatti, penalizzata dalla forte incidenza di produzioni a basso livello tecnologico, sempre meno richieste dal mercato nazionale e internazionale. A ciò si aggiunge la prevalenza della dimensione d’impresa medio-piccola, accompagnata da una bassa remunerazione dei diversi fattori produttivi impiegati. L’altra faccia della forte natalità imprenditoriale, punto di forza indiscusso dell’industria meridionale, è infatti la difficoltà a crescere: non ci si può solo compiacere del fatto che tante imprese nascano nel Mezzogiorno, occorre che esse riescano a sopravvivere e a crescere. Sempre più diffusi sono stati infatti i fenomeni di crisi industriale, soprattutto nei comparti tradizionali.
Per di più, le piccole imprese del Mezzogiorno non hanno ancora attivato – se non in un limitato numero di casi – quei sistemi di rete o di distretto che consentono alle imprese di dimensioni similari del Centro Nord di ottenere significativi vantaggi di produttività ed “economie di agglomerazione”.
Un pacchetto di interventi per la competitività
L’obiettivo prioritario deve essere pertanto quello di puntare al consolidamento e al rafforzamento, quantitativo e qualitativo dell’impresa meridionale, con l’obiettivo dell’incremento di competitività delle industrie tradizionali, della nascita di nuove imprese nei settori a più alta tecnologia e del superamento dei fenomeni di crisi.
Le imprese del terziario, analogamente, vanno accompagnate verso gli obiettivi dell’innovazione e della competitività, che si perseguono con maggiore difficoltà a causa di pesanti vincoli esterni alle imprese.
Per fare questo, è necessario un pacchetto di interventi per favorire la crescita dimensionale media delle imprese meridionali, per la creazione di reti e distretti d’impresa (agroalimentare, hi tech, terziario, ecc), per la diffusione di consorzi per la ricerca e l’export, per favorire l’innovazione di prodotto, di processo e organizzativa, per il rafforzamento della sinergia tra imprese, Università e centri di eccellenza sul territorio, per la valorizzazione di brevetti, marchi, licenze e, in generale, dei contenuti protetti dalle norme sulla proprietà intellettuale in relazione alle singole specificità produttive meridionali.
Questi interventi devono essere contenuti in un provvedimento sulla competitività che accompagni la Legge finanziaria, per attivare nel breve periodo alcuni degli strumenti necessari, fra i quali:
un premio fiscale per la crescita dimensionale delle imprese tramite processi di concentrazione, e la loro aggregazione;
un credito d’imposta per i progetti di ricerca affidati dalle imprese alle Università ed ai Centri di ricerca e per l’innovazione diffusa.
la deduzione fiscale delle spese sostenute dalle imprese per l’attività di promozione all’estero.
L’attrazione degli investimenti
Secondo gli ultimi dati disponibili (Fonte: banca Mondiale) i flussi di Investimenti Diretti Esteri (IDE) in entrata in Italia in % del PIL hanno a malapena superato l’1%, confrontandosi con il 17,16% dell’Irlanda, il 3,06% della Spagna, il 2,76% della Francia. Questi dati sottolineano la necessità di dare corpo ad una robusta politica di attrazione di investimenti nazionali ed esteri nel Mezzogiorno, che abbiano funzione di volano rispetto al consolidamento del tessuto imprenditoriale meridionale e che offrano nuove opportunità occupazionali.
Tale politica va realizzata attraverso un quadro organico di interventi di sistema: le agevolazioni alle imprese, da sole, non sono infatti sufficienti ad assicurarne l’efficacia, se non si affiancano ad esse disponibilità di aree di insediamento, una fiscalità di vantaggio, procedure autorizzative rapide e semplificate, azioni di promozione e di scouting dei potenziali investitori, azioni di miglioramento del contesto insediativo.
A tal fine, è necessario avviare da subito il Piano di attrazione degli investimenti articolato in 4 tappe:
definizione dell’offerta territoriale attraverso la mappatura dei fattori localizzativi per l’attrazione e la individuazione dei diversi sistemi territoriali e della loro posizione competitiva;
marketing territoriale basato sull’analisi del mercato, sulla comunicazione e sulla promozione delle opportunità;
individuazione dei potenziali investitori;
formalizzazione dell’investimento attraverso il Contratto di localizzazione.
Rispetto all’obiettivo del consolidamento del tessuto imprenditoriale meridionale, Sviluppo Italia potrebbe rafforzare le azioni indirizzate alla valorizzazione e al sostegno delle reti imprenditoriali locali. Su obiettivi, strumenti e risultati di Sviluppo Italia le parti ritengono utile promuovere uno specifico confronto.
La valorizzazione delle risorse meridionali
Il deludente risultato dell’ultima stagione turistica si è concentrato sulle componenti più tradizionali, ma ancora maggioritarie, del turismo (il mare soprattutto), ma ha meno interessato le città d’arte e i turismi “nuovi”, legati alla fruizione dei beni culturali e ambientali, turismi che però rappresentano ancora una quota minoritaria del settore. Si tratta quindi di assecondare un riorientamento del settore in direzione delle preferenze già espresse dalla domanda, specie straniera.
L’obiettivo di fondo dovrà essere quello della destagionalizzazione dell’offerta e di un rafforzamento delle reti turistiche meridionali, migliorando gli accordi con tour operator internazionali e promuovendo l’immagine delle diverse regioni del Mezzogiorno.
Progettazione integrata e promozione turistica
A tale scopo occorre puntare su progetti integrati, come i Sistemi Turistici Locali, finalizzati al recupero e alla valorizzazione dei beni culturali, storici, ambientali, attraverso l’innalzamento degli standard qualitativi dell’offerta turistica complessiva, il potenziamento dell’infrastrutturazione a supporto, la creazione di itinerari di interesse turistico, tali da rendere più sinergiche le iniziative di comunicazione e le politiche di promozione, il rafforzamento di servizi per il tempo libero organizzati secondo schemi a rete, attrazione di grandi investimenti dall’estero.
Particolare importanza dovrà avere il coordinamento della politica turistica, superando la parcellizazione della promozione. È necessario perciò assicurare una sede di coordinamento della politica del turismo, da individuare a livello nazionale con tutti i soggetti istituzionali e socio economici interessati. Particolare rilievo dovrà assumere la realizzazione di un progetto di promozione e di sostegno alla commercializzazione, specificamente dedicato al Mezzogiorno.
Per il rilancio del settore turistico è fondamentale l’utilizzo della leva fiscale, con priorità per la riduzione dell’IVA sulle imprese turistico-alberghiere ai livelli medi europei, e per le misure atte a favorire il processo di crescita dimensionale delle imprese anche nel settore turistico. E’ opportuno inoltre prevedere misure premianti per le imprese che ottengono la certificazione di qualità secondo gli standard internazionali e promuovere una più ampia tutela, normativa e contrattuale in tutte le fasi del processo produttivo, del lavoro regolare per gli addetti del settore. Ma occorrono anche interventi che perseguano maggiore efficienza ad ogni livello della scala dimensionale d’impresa.
I centri urbani meridionali
Nell’ambito della creazione di una rete di interesse turistico potranno assumere grande importanza progetti di riqualificazione urbana, sia dei centri storici sia dei quartieri maggiormente degradati, promossi dalle Associazioni di rappresentanza, contenenti interventi di recupero urbano, di ottimizzazione della mobilità passeggeri e merci, di integrazione tra produzioni locali, commercio e turismo, di creazione di opportunità di investimento e di occupazione nel settore dei servizi, della cultura, del turismo, degli interventi a finalità sociale.
A tal fine, è opportuna la predisposizione di una legislazione mirata per la ristrutturazione urbana, una sorta di corsia preferenziale capace di garantire la certezza delle risorse e l’accelerazione procedurale necessaria, attraverso procedure e tempi vincolanti nei rapporti tra Comune, Provincia e Regione, nonché la partecipazione finanziaria dei privati.
3. I FATTORI DELLO SVILUPPO
Una politica di attrazione di investimenti nazionali ed esteri, così come una azione di consolidamento della base produttiva meridionale e di valorizzazione delle specificità e del patrimonio storico, culturale e ambientale del Mezzogiorno, devono poter contare su una serie di condizioni che ne facilitano, ne consentono e ne rendono possibile la realizzazione Tali condizioni possono essere individuate in :
una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno;
la riforma degli incentivi;
il completamento e l’adeguamento della dotazione infrastrutturale;
un positivo rapporto tra banche ed imprese;
una stretta cooperazione tra università, ricerca e innovazione d’impresa;
il consolidamento di normali condizioni di esercizio dell’attività d’impresa, dal punto di vista della sicurezza, del funzionamento della giustizia civile, della semplificazione amministrativa;
la disponibilità di risorse finanziarie adeguate.
La fiscalità di vantaggio
La tassazione del reddito d’impresa è una delle leve competitive che già altri Paesi dell’Unione Europea hanno sfruttato in passato e che i nuovi Stati membri si accingono ad utilizzare proprio al fine di attrarre investimenti sul proprio territorio. E’ noto il caso dell’Irlanda, che fissò nel 1980 l’imposta sulle società al 10% (poi elevata al 12,5%) portando in 20 anni il reddito pro capite al 125% di quella medio europeo: ma bassa tassazione sul reddito d’impresa possono vantare anche Cipro (10%), Lituania e Lettonia (15%), Ungheria (18%), Polonia (19%).
Anche al di fuori dell’Europa, sono stati ottenuti risultati importanti in termini di sviluppo anche grazie all’utilizzo della leva fiscale.
E’ necessaria pertanto una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, al fine di costituire reali condizioni di attrattività fondate sulla totale automaticità e su procedure che minimizzino i rischi connessi a scelte discrezionali.
La revisione degli incentivi alle imprese
Una delle condizioni in grado di favorire il consolidamento dei processi di sviluppo e il rafforzamento dei livelli occupazionali è individuabile in una riforma degli incentivi alle imprese (in particolare della Legge 488/92) orientata alla semplificazione delle procedure, alla certezza dei tempi e alla promozione degli investimenti innovativi .
Un sistema di incentivazione, sia pure fortemente razionalizzato per evitare dispersione di risorse e fruibile da parte di tutti i settori economici ammissibili sulla base di una rigorosa valutazione di merito dei progetti di investimento, appare infatti necessario per lo sviluppo dell’economia meridionale perché:
· il miglioramento del contesto in cui si devono localizzare gli investimenti non è ancora avvenuto;
· rimane elevato anche il differenziale degli investimenti nell’area rispetto al resto del Paese, in conseguenza dei maggiori costi esistenti;
· le specifiche condizioni strutturali dell’economia meridionale influenzano significativamente il mercato del credito e dei capitali;
In particolare, le ipotesi di modifica della Legge 488 dovrebbero salvaguardare:
· l’operatività delle modifiche a partire dal 2005 senza soluzioni di continuità tra il regime attuale e il nuovo regime;
· la non retroattività delle modifiche;
· il mantenimento del finanziamento in conto capitale, che rimane nella gran parte dei paesi europei la modalità più diffusa di incentivare gli investimenti;
· una premialità per gli investimenti più innovativi e/o a più ampio impatto occupazionale
Si ritiene inoltre utile una verifica dell’efficacia di tutti gli strumenti di sostegno alle imprese, a partire da credito d’imposta e strumenti della programmazione negoziata, in un’ottica di riqualificazione e rilancio.
Le infrastrutture e la logistica
In base ai dati del Terzo Rapporto sulla coesione della Commissione Europea (2004), il Mezzogiorno presenta un indice di accessibilità potenziale di poco superiore al 50% della media dell’Unione a 27, sia a causa della posizione geografica che ne aumenta la perifericità, sia a causa del livello qualitativo delle infrastrutture. In particolare, l’indice sintetico delle dotazioni interportuali, fatto 100 il dato italiano, è pari a 5,8. Rispetto alle infrastrutture di trasporto, particolarmente deficitaria è la dotazione di linee ferroviarie elettrificate a doppio binario (50,5 contro 134,2 del Centro Nord).
E’ fondamentale perciò un intervento urgente per la realizzazione, il completamento e la modernizzazione del sistema infrastrutturale meridionale, a partire dalla settore della logistica, che utilizzi in forma realmente integrata le diverse fonti finanziarie a disposizione del Mezzogiorno.(risorse comunitarie, risorse nazionali aggiuntive, risorse ordinarie).
Le priorità
In questo ambito, è prioritaria l’accelerazione ed il completamento del programma di infrastrutture strategiche definite nell’elenco delle priorità infrastrutturali Europee della rete TEN (Trans European Network) e nazionali con particolare riferimento a:
· dorsali autostradali e ferroviarie tirrenica e adriatica, capaci di collegarsi al Corridoio V e, in prospettiva, al corridoio VIII e costituire un nuovo “Corridoio del Mediterraneo”; che guardi ai Paesi del Nord Africa;
· snodi portuali, interportuali ed aeroportuali per la logistica integrata;
· sviluppo delle Autostrade del Mare;
· sistemi integrati dei trasporti delle aree metropolitane meridionali;
· schemi idrici e reti energetiche
In particolare, è importante affrontare la questione idrica anche ai fini della sostenibilità ambientale e della tutela del territorio, facendo ricorso ad idonee forme consortili fra gli Enti Locali finalizzate alla attuazione del servizio idrico integrato.
Al fine di promuovere la rapida realizzazione di tali interventi prioritari, si ritiene opportuna una interpretazione più flessibile del Patto di Stabilità nel rispetto di principi condivisi e del ruolo delle Istituzioni Comunitarie, in modo da riservare, nel calcolo dei deficit nazionali, un trattamento più favorevole alle spese per investimenti nelle grandi infrastrutture di interesse europeo.
A fianco delle grandi reti di collegamento interregionale, per ciascuna regione meridionale (intendendo con esse tutte le regioni che usufruiscono della quota Mezzogiorno nel riparto delle risorse per le aree sottoutilizzate), possono essere individuate alcune priorità infrastrutturali
In particolare, per quanto riguarda le risorse nazionali aggiuntive stanziate annualmente dalla Legge Finanziaria (per la parte destinata alle opere pubbliche) esse vanno prevalentemente concentrate su quei settori che continuano a mostrare i principali indicatori di divario: le interruzioni del servizio idrico e della fornitura di energia elettrica, la raccolta ed il trattamento dei rifiuti, la qualità dei servizi di trasporto (aereo, ferroviario stradale e marittimo) e dei loro nodi di collegamento e scambio.
Lo sviluppo dell’intermodalità
Il vero handicap logistico del Mezzogiorno, sul piano infrastrutturale, è individuabile nell’intermodalità, sia nel numero degli interporti sia in tutte le principali caratteristiche operative (superfici, capacità di movimentazione e binari ferroviari); gli indici sintetici di dotazione di tutte le regioni meridionali non superano infatti il 10% della media nazionale.
Un programma interregionale di infrastrutturazione del Mezzogiorno deve essere perciò basato su logiche di rete e orientato ad una maggiore specializzazione delle strutture: in tale ambito è inoltre essenziale il rafforzamento delle strutture di servizio e di integrazione logistica, con priorità per i porti meridionali e l’intermodalità terrestre anche attraverso il potenziamento dei servizi di banda larga quale piattaforma di supporto.
In questa direzione, una grande opportunità è costituita dal progetto comunitario delle “Autostrade del Mare” inserito nel piano generale delle Reti TEN-T (Trans- European Network-Transport) e finanziato con ingenti risorse (1,8 Miliardi di € tra Fondi europei, prestiti BEI e cofinanziamenti nazionali).
A tale scopo, è necessaria la concentrazione delle limitate risorse finanziarie (del Fondo Aree Sottoutilizzate e dei Fondi strutturali) su un numero ristretto di interventi, essenziali alla loro integrazione logistica con le dorsali ed i corridoi intermodali tirrenico e adriatico, come i nodi di scambio e le tecnologie informatiche e operative.
Di grande rilevanza è, in questo ambito, l’approvazione della legge di riforma sui porti, attualmente in discussione in Parlamento, con l’obiettivo della messa in rete del sistema portuale nazionale con l’intermodalità terrestre, della definizione delle specializzazioni dei singoli porti e di un più deciso riordino dei servizi.
Il riordino delle ASI
Nell’ambito del completamento infrastrutturale, e col prioritario obiettivo dell’attrazione degli investimenti, è inoltre opportuno favorire una riorganizzazione del ruolo dei consorzi per lo sviluppo industriale attraverso:
a) la definizione di standard qualitativi comuni, che qualifichino in modo oggettivo il concetto di area “attrezzata”, anche a fini di attrazione degli investimenti e marketing territoriale;
b) una ridefinizione della governance che assuma, per la gestione delle aree, modelli di natura privatistica;
c) la disciplina del meccanismo della retrocessione dell’area, stabilendo un tempo massimo entro il quale l’investimento deve essere realizzato pena la revoca della concessione.
Le imprese e il credito
Il ruolo del sistema bancario, sia come fornitore di credito, sia come fornitore di servizi avanzati per le imprese (per l’internazionalizzazione, per il ricorso a forme di finanza innovativa) è fondamentale per lo sviluppo dell’economia meridionale soprattutto se si considerano gli incentivi, previsti anche da Basilea2, a migliorare da parte delle banche la misurazione e la gestione del rischio creditizio, per rendere in tal modo il mercato del credito più efficiente.
Questa azione può essere agevolata se si creano le condizioni di effettiva competitività delle imprese operanti nel meridione, intervenendo in tempi rapidi su quelle condizioni d’ambiente capaci di innescare davvero un circolo virtuoso che può poi portare all’approfondimento delle relazioni banca-impresa che pure già vi sono e sono diffuse.
Tra queste è altresì urgente adeguare il funzionamento dei principali Fondi di garanzia pubblici (Fondo Centrale di garanzia per le PMI, Fondo di garanzia per le imprese artigiane, Fondo Interbancario di garanzia) per renderli Basilea2 compliant.
Al miglioramento dell’efficienza allocativa degli intermediari corrisponderebbe il rafforzamento della struttura produttiva nelle regioni meridionali e dunque l’avvio su basi più solide del processo di sviluppo economico e finanziario nell’area.
Fare sistema nel Mezzogiorno significa anche rafforzare la collaborazione fra sistema bancario e sistema industriale, improntata ad una maggiore trasparenza reciproca e ad un rapporto che consideri la banca una “impresa tra le imprese”.
Le modiche del contesto ambientale – individuate in precedenza e tendenti a ridurre nelle regioni meridionali il grado di rischio, i tempi delle procedure di recupero crediti, la frammentazione dei rapporti creditizi – e una maggiore trasparenza reciproca sono le condizioni per pervenire alla diffusione di forme di finanza innovativa (venture capital), al consolidamento di condizioni più sostenibili di indebitamento (passando dal credito a breve a quello a medio-lungo termine), anche attraverso i consorzi fidi e l’utilizzo del fondo di garanzia, al rafforzamento patrimoniale.
In sintesi, sono le condizioni per indirizzare le imprese del Mezzogiorno verso forme alternative di finanziamento, preferibilmente a titolo di rischio, e renderne progressivamente meno fragile e più articolata la struttura finanziaria, che ancora oggi insiste stabilmente sulle banche, data la marginalità dei canali mobiliari e finanziari alternativi al credito bancario.
Questo tuttavia è un problema di carattere nazionale che richiama alcune caratteristiche di fondo della struttura finanziaria italiana.
Infine, un approccio di sistema deve riguardare anche le Organizzazioni di rappresentanza degli interessi, portando alla individuazione di punti di vista comuni sul migliore funzionamento degli strumenti di politica di sviluppo: riforma degli incentivi, prestiti agevolati, fondi di garanzia.
Promuovere centri universitari di eccellenza
Al fine di intervenire in maniera duratura sul modello di specializzazione produttiva meridionale, più debole nei settori ad elevato contenuto di innovazione, è fondamentale l’obiettivo di costruire un sistema integrato a rete, all’interno del quale le imprese, soprattutto quelle piccole e medie – associate o consorziate in relazione a comuni obiettivi di innovazione – possano trovare principalmente nelle università meridionali le risorse immateriali indispensabili per innovare prodotti, processi e organizzazione, e conquistare competitività.
A tale scopo, è fondamentale la valorizzazione e la messa in rete dei centri di eccellenza del sistema universitario e scientifico meridionale, al fine di promuovere le relazioni Scienza-Tecnologia-Territorio-Mercato, e di collegare l’innovazione alla valorizzazione delle risorse presenti nel territorio e alle sue specificità. Un utile stimolo alla collaborazione tra imprese, Università e Centri di ricerca può venire dalla introduzione di un credito d’imposta automatico pari al 50% delle commesse di ricerca dalle imprese alle università e ai centri pubblici e privati di ricerca.
Un piano per la ricerca e l’innovazione
A fianco degli interventi di medio periodo rivolti al consolidamento dei centri di eccellenza universitari meridionali, è necessario da subito avviare un piano nazionale per la promozione di investimenti pubblici e privati nel settore della ricerca.
L’obiettivo del piano è quello di raggiungere la massa critica necessaria per essere competitivi a livello nazionale ed internazionale (una strada può essere offerta dai Centri di Eccellenza creati in Campania, e dai Centri di eccellenza tecnologica, previsti per tutte le Regioni del Mezzogiorno nel Piano Operativo Nazionale 2002-2006 del Miur ed ancora da avviare)[1]. Il piano dovrebbe essere così articolato:
· credito d’imposta pari al 10% delle spese totali di ricerca ed innovazione digitale per un periodo di 10 anni;
· eliminazione del costo del personale delle imprese addetto alla ricerca dalla base imponibile IRAP;
· scelta di 10 programmi strategici per il paese finanziati con contributi pubblici, di cui una parte significativa da localizzare nel Mezzogiorno;
· fiscalizzazione degli oneri sociali per gli addetti alla ricerca per le imprese in start-up;
· miglioramento del sistema pubblico di ricerca.
Appare inoltre opportuno adottare specifiche iniziative a sostegno delle piccole e medie imprese che si consorziano per realizzare progetti di ricerca, per l’introduzione delle nuove tecnologie e per la formazione alle nuove professionalità, riprendendo e rafforzando le Strategie regionali per l’Innovazione promosse dal Quadro Comunitario di Sostegno dei fondi strutturali europei per l’Obiettivo 1 2000-2006.
Al fine della piena valorizzazione di una delle principali risorse del Mezzogiorno, ovvero il capitale umano, è infine opportuno un più ampio rafforzamento dei processi formativi e di sviluppo delle competenze, anche attraverso una più ampia diffusione dei fondi interprofessionali per la formazione continua.
E’ opportuno inoltre il finanziamento di un progetto di tirocinio in conto credito formativo presso le aziende di tutti gli studenti delle ultime due classi degli istituti professionali e di scuola media superiore.
Gli strumenti operativi non mancano, ad esempio le misure previste nel Piano Operativo Nazionale e nei Piani Operativi Regionali. Utili anche i distretti tecnologici, anche se bisogna evitare il rischio di una loro proliferazione in assenza delle masse critiche di ricerca indispensabili per la loro nascita.
Le altre condizioni di contesto
Alcuni interventi sulle condizioni di contesto con le quali l’impresa meridionale è chiamata ad operare sono fondamentali per lo sviluppo:
Þ il miglioramento delle condizioni di sicurezza del territorio meridionale, sia per quanto riguarda le aree industriali e le attività d’impresa, sia per le zone turistiche, le aree urbane e rurali, anche attraverso un migliore utilizzo delle risorse dei fondi strutturali dedicate a questo scopo;
Þ il consolidamento di normali condizioni di esercizio dell’attività d’impresa, dal punto di vista del funzionamento della giustizia civile e delle procedure concorsuali, del lavoro regolare, della cultura della legalità, del contrasto delle frodi e della criminalità, anche con il contributo delle organizzazioni economiche e sociali;
Þ la semplificazione amministrativa, attraverso un più ampio ricorso all’autocertificazione (con la cosiddetta Dichiarazione di Inizio Attività), all’autoregolazione dell’attività d’impresa, e un rafforzamento dell’operatività degli sportelli unici, con l’approvazione tempestiva del disegno di legge recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri;
Þ Il contrasto all’economia e al lavoro sommersi, attraverso un rinnovato impegno nella elaborazione e nella definizione di idonee strategie, rafforzato da un clima di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti in tale processo, per dare risposta a fondamentali motivazioni di natura etica (legate alla dignità del lavoro), economica (per limitare i fenomeni di concorrenza sleale) e finanziaria (al fine di incrementare il gettito fiscale).
4. LE RISORSE FINANZIARIE
La Legge Finanziaria per il 2005
Per la concreta attuazione degli interventi definiti, è necessario assicurare la continuità, la disponibilità e soprattutto la certezza di un flusso di risorse pubbliche adeguato al raggiungimento degli obiettivi (di sviluppo, di crescita occupazionale, di incremento della spesa per investimenti, definiti anche nel recente DPEF e negli impegni assunti con la Commissione Europea).
Da questo punto di vista, la Finanziaria appena varata, presenta rilevanti elementi di criticità, a causa della introduzione di un tetto alla spesa per investimenti nelle aree sottoutilizzate (6.550 Milioni di € per il 2005, di cui 1.750 per gli incentivi), che rischia di limitare fortemente il percorso di crescita delineato, e dello spostamento in avanti nel tempo dell’utilizzo delle risorse e, conseguentemente, del raggiungimento degli obiettivi programmatici. Lo stesso rifinanziamento del Fondo, che pure è in linea con quello degli anni precedenti (8 Miliardi di €), è infatti collocato quasi interamente alla fine del triennio (7.800 Milioni di € nel 2007).
I Fondi strutturali europei
Accanto alle risorse nazionali, priorità assoluta assumono le risorse dei fondi strutturali europei, sotto il duplice profilo dell’utilizzo efficace delle attuali risorse del QCS Obiettivo 1 (che ha a disposizione 50 Miliardi di € tra Fondi strutturali e cofinanziamento nazionale per il periodo 2000-2006) e della preparazione del periodo di programmazione 2007-2013.
Anche se si sono registrati apprezzabili miglioramenti nella capacità di spesa dei fondi strutturali comunitari (a marzo 2004 la percentuale di spesa è pari al 25,1%), la cosiddetta “verifica di metà percorso” del QCS ob.1 ha riproposto alcuni tradizionali ritardi nella qualità degli interventi e nella loro adeguatezza rispetto agli obiettivi di crescita, in buona parte dovuti all’allentamento dei legami della programmazione con il territorio e il partenariato che il territorio esprime.
La programmazione dei fondi strutturali deve dunque tornare ad essere, nel prossimo biennio, terreno di confronto politico, economico ed istituzionale, con il fine ultimo di migliorare la qualità degli interventi e l’impatto sui principali indicatori di divario: condizione essenziale ne dovrà essere il coinvolgimento delle parti economiche e sociali.
Nel 2005 prende inoltre il via il negoziato sulle proposte di regolamento per i nuovi fondi strutturali post 2006 e sulle prossime “prospettive” finanziarie dell’UE. Per quanto riguarda il Mezzogiorno in particolare, la programmazione dei fondi per il periodo 2007-2013 dovrà tenere conto, fra le altre, delle seguenti priorità:
rafforzamento della priorità per le regioni Obiettivo 1 in ritardo di sviluppo, dei vecchi come dei nuovi Stati membri, mantenendo fermo il parametro del PIL pro capite perché è quello in grado di tutelare meglio le regioni meridionali anche dopo l’allargamento;
priorità, nell’ambito delle regioni in ritardo, per gli interventi rivolti all’innalzamento della competitività europea ed al conseguimento degli Obiettivi di Lisbona e Goteborg: grandi reti europee di comunicazione, sostegno a ricerca ed innovazione tecnologica, società dell’informazione;
sostegno transitorio rafforzato per quelle regioni che dovessero uscire dall’Obiettivo 1;
tutela delle regioni e zone interessate da handicap strutturali connessi con l’insularità, la montagna e la scarsa densità della popolazione;
maggiore peso dell’indicatore di prosperità regionale rispetto a quello di prosperità nazionale nella ripartizione pro capite delle risorse per l’ob. 1.
Per quanto riguarda le nuove prospettive finanziarie e il futuro bilancio dell’Unione, è opportuno che l’Italia confermi il proprio orientamento favorevole ad un tetto per le risorse proprie pari all’1,24% del PNL, in quanto tale soglia appare quella meglio in grado di tutelare le esigenze di rigore di bilancio con quelle dell’intervento nelle regioni più svantaggiate, dei nuovi come dei vecchi Stati membri.
5. LE PRIORITA’ DI AZIONE NEL BREVE PERIODO
Alcune azioni possono essere avviate già nell’immediato, al fine di costruire da Sud il clima di fiducia capace di far ripartire l’economia e la società italiana.
I sei interventi chiave per il rilancio del Mezzogiorno, da attivare nel breve periodo, a partire dal collegato alla Finanziaria, sono:
1) introduzione di una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno; le parti firmatarie invitano il Governo ad aprire nel più breve tempo possibile il confronto con la Commissione Europea;
2) semplificazione amministrativa per l’attività d’impresa: tutti gli atti amministrativi necessari per l’esercizio di attività economiche possono essere sostituiti con una Dichiarazione di Inizio Attività (DIA) e con autocertificazione dei requisiti necessari. Sono fatte salve le norme a tutela di rilevanti interessi nazionali, quelle relative all’urbanistica e all’ambiente e quelle concernenti strumenti di programmazione di settore;
3) pacchetto di interventi sul turismo contenente: riduzione dell’IVA ai livelli medi europei sulle imprese turistiche; coordinamento della politica del turismo, che potrebbe essere assicurato dall’Istituzione di una sede di coordinamento di livello nazionale per l’indirizzo delle politiche di settore, facendo naturalmente salve le prerogative delle Regioni in materia; realizzazione di un progetto di promozione turistica mirata del Mezzogiorno;
4) accelerazione procedurale per gli interventi di ristrutturazione urbana: formulazione di una legislazione mirata per le città, con l’obiettivo di semplificare le procedure e fissare tempi certi nei rapporti tra le Istituzioni coinvolte. Creazione di un fondo pilota per la ristrutturazione urbana, con una quota di interventi destinata al Sud;
5) pacchetto di interventi per favorire la ricerca l’innovazione e la collaborazione tra imprese e centri di eccellenza universitari::
· credito d’imposta pari al 10% delle spese totali di ricerca ed innovazione digitale per un periodo di 10 anni;
· eliminazione del costo del personale delle imprese addetto alla ricerca dalla base imponibile IRAP;
· fiscalizzazione degli oneri sociali per gli addetti alla ricerca per le imprese in start-up;
· stimolo alla collaborazione tra imprese, Università e Centri di ricerca attraverso l’introduzione di un credito d’imposta per le commesse di ricerca affidate dalle imprese alle università;
6) promozione delle produzioni e dei servizi del Mezzogiorno attraverso una deduzione fiscale delle spese sostenute dalle imprese meridionali per attività di promozione all’estero, sul modello delle spese di pubblicità.
6. RILANCIARE LA CONCERTAZIONE
Condizione essenziale per il rilancio del Mezzogiorno deve essere la ripresa e il consolidamento del principio della concertazione, vale a dire che ciascun soggetto interessato, all’interno di regole chiare e condivise, deve fare la sua parte per contribuire all’attuazione delle azioni delineate. In particolare:
Þ le imprese dei diversi settori produttivi si impegnano a cogliere tutte le opportunità di investimento che verranno determinate dall’azione congiunta;
Þ le organizzazioni di rappresentanza (delle imprese e dei lavoratori) promuovono la crescita della cultura dello sviluppo concertato e si impegnano ad affrontare, attraverso la concertazione, le scelte strategiche di priorità, di localizzazione e di attuazione dei progetti di sviluppo e di valorizzazione del lavoro;
Þ le amministrazioni pubbliche (centrali, regionali e locali) potranno favorire la piena attuazione del progetto, rendendo possibili o migliorando le condizioni di contesto delineate.
Al fine della implementazione del proprio impegno per il Mezzogiorno, le organizzazioni firmatarie della presente intesa promuovono l’adozione del metodo concertativo anche a livello decentrato, attraverso accordi tra le parti sociali e con le Amministrazioni regionali e locali.
MEZZOGIORNO: PATTO IMPRESE – SINDACATI PER LO SVILUPPO
Il 2 novembre scorso tredici associazioni imprenditoriali, tra cui la CLAAI, e i sindacati dei lavoratori hanno sottoscritto un documento di proposta al Governo per rilanciare il Mezzogiorno puntando sulla fiscalità di vantaggio per attrarre gli investimenti e sulla valorizzazione delle risorse meridionali.
Di seguito riportiamo la prima parte del testo dell’intervento di Alessandro Limatola, componente della segreteria generale Claai con delega per il Mezzogiorno.
IMPEGNARSI AL SUD
1) I GAP COMPETITIVI
La discussione del tema dello sviluppo e del recupero di competitività del Sud presuppone necessariamente una breve analisi – non sociologica- delle cause che, negli ultimi decenni, hanno determinato la situazione attuale.
1.1 Errate politiche d’incentivazione realizzate alcuni decenni fa non hanno favorito la crescita al Sud di un tessuto imprenditoriale forte e strutturato specie sul piano patrimoniale.
Ciò ha impedito di cogliere le occasioni di sviluppo e tutti i cicli economici positivi succedutisi nel tempo.
Tale situazione ha comportato, a cascata, anche il mancato sviluppo della corona (rappresentata principalmente dalle imprese dell’indotto e dei servizi nonché dal mondo delle Professioni) che naturalmente cresce e si sviluppa intorno al sistema imprenditoriale contribuendo nel contempo al miglioramento complessivo delle condizioni economiche generali (imprese e lavoratori).
Ulteriore corollario della situazione descritta è costituito dalla limitatissima capacità delle imprese del Sud di assorbire la forza-lavoro disponibile.
Tutto ciò ha contribuito, non marginalmente, ad ampliare la rilevanza dei fenomeni di disagio sociale che paradossalmente creano il circuito vizioso frenando lo sviluppo locale e l’appeal del Territorio per gli investitori nazionali ed internazionali.
Buona parte delle piccole e medie imprese che hanno retto si è rifugiata nel mondo della sub-fornitura e delle produzioni a scarso contenuto tecnologico ed innovativo. Rifugio questo che se nell’immediato può essere utile non può essere di grande prospettiva nel medio lungo termine. Basta considerare i fenomeni economici internazionali di maggiore attualità e rilevanza, primo fra tutti l’autentica esplosione delle attività produttive della Cina e dell’India.
1.2 Gli ulteriori gap, “ a volo d’uccello”, sono individuabili:
– nella difficoltà di accesso al credito bancario e nel più alto costo del danaro (mediamente il 3/3,5% in più rispetto alla media del Centro-Nord), nonché nell’assenza pressocchè totale degli investitori istituzionali nel venture capital delle PMI.
E’ inutile negare che ciò è, sia pure in parte, conseguenza immediata e diretta del più alto indice di sofferenza registrato dal sistema bancario al Sud che, a sua volta, ha come concausa non secondaria il basso livello tecnico e tecnologico (fatta eccezione per quelle tipiche e tradizionali) delle produzioni e dei servizi offerti dalle PMI.
– nell’inefficienza e nella lentezza della P.A., specie delle Regioni e degli Enti locali;
– nell’assenza – quasi totale- di reti d’infrastrutture e di un organizzato sistema di trasporti (cose e persone) oltre che di distribuzione delle merci.
1.3 Per effetto di queste e di altre cause, le imprese del Sud sono state finora in grado di competere solo verticalmente (prezzo).Tale situazione, però, nella normale dinamica dei mercati, ha comportato e comporta la progressiva riduzione dei valori aggiunti e, quindi, prima il blocco degli investimenti (innovazione scientifica e tecnologica sia di processo che di prodotto, aggiornamento e formazione del personale ecc.) e poi la progressiva immersione delle aziende fino alla loro chiusura e/o espulsione dal mercato.
Questo fenomeno non è, peraltro, privo di conseguenza pregiudizievoli per la libertà di concorrenza e per la “ parità di condizioni” che deve essere assicurata a tutti gli imprenditori dal momento che fino all’espulsione dal mercato l’impresa immersa pone in essere veri e propri atti di concorrenza sleale nei confronti delle altre aziende che rappresentano un ulteriore limite alla crescita complessiva del tessuto imprenditoriale meridionale.
In quest’ottica va prevalentemente letto il turn over, il rapporto nascita/mortalità e, quindi, la “vita” media delle imprese del Sud.
Anche questo è un rilevante fattore impeditivo del consolidamento commerciale e patrimoniale persino delle imprese che operano da anni al Sud.
1.4 Negli ultimi quindici anni la realtà meridionale non è stata di particolare interesse per gli imprenditori del centro-nord.
Infatti, gli epocali eventi sociali e di politica internazionale, verificatisi a partire dal 1989, hanno favorito la delocalizzazione e, comunque, la creazione di nuovi insediamenti produttivi all’estero ove il sistema normativo – essenzialmente tributario e giuslavoristico- garantiva ai nostri prodotti un più alto livello di competitività.
Tale tendenza ha intercettato l’interesse non solo della grande impresa ma anche e soprattutto delle PMI. Basti considerare che nella sola Romania vi sono oltre 8.000 insediamenti produttivi realizzati da aziende italiane.
Tuttavia, le non sempre positive esperienze (anche sul piano della sicurezza) fatte all’estero, la minore aggressività dei fenomeni criminali meridionali e soprattutto la conoscenza dei mercati anche internazionali e la maturità conseguita dalle nuove generazioni d’imprenditori costituiscono condizioni irripetibili per riaprire il flusso degli investimenti privati, anche esteri, al Sud.
1.5 Bisogna evitare di commettere gli errori del passato ove si è creduto che le “cattedrali nel deserto” o la Pubblica Amministrazione potessero risolvere i problemi occupazionali del Sud. Per non parlare della speranze nella New Economy – di cui nessuno più parla- che sono svanite nello spazio di una stagione.
Ciò ovviamente è subordinato ad una concomitante, seria politica d’incentivazione alla creazione di nuove imprese che dovrà essere realizzata non “ a pioggia”, come per il passato, ma – anche in considerazione delle limitate risorse pubbliche disponibili- nei comparti e settori produttivi e dei servizi ritenuti strategici, primo tra tutti il Turismo, anche se, è bene precisare, non può essere la Panacea.
In questo settore si deve lavorare per creare una forte sintonia tra tutti gli attori pubblici e privati cui è demandato, direttamente o latamente, il compito di fare promozione turistica.
Ad esempio le Regioni del Sud operano in modo dissociato perseguendo obiettivi ed utilizzando strumenti diversi.
Le forme di collaborazione sono lasciate al caso ed alla buona volontà delle singole Istituzioni. In tal senso va salutata con grande favore la proposta del dott. Andrea Mondello, Presidente della CCIAA di Roma, di un patto tra Roma e Napoli per coordinare la promozione turistica ed intercettare flussi sempre più consistenti.
1.6 Nell’ambito delle attività di promozione ed animazione economica si deve perseguire la politica della “filiera” e dare molto più spazio alla finanza di progetto che rappresenta uno degli strumenti più moderni ed efficaci di collaborazione Pubblico/Privato.
Tale strumento è al palo proprio nel settore dei beni culturali (intimamente collegato a quello turistico) dove la risorsa c’è in grandi quantità, è unica ed immediatamente fruibile.
Paradossalmente anche nel turismo culturale è diffusissima la competizione verticale tra le imprese, circoscritta cioè al prezzo e non allargata alla diversificazione (orizzontale) dell’offerta.
E’ inconcepibile – ad esempio- che la Costiera Amalfitana, la “divina”, si riempia di inglesi o tedeschi diretti a Pompei i quali pernottano qui sol perché il costo degli alberghi è più basso.
Parimenti, non è possibile pensare all’attrazione del turismo crocieristico e, più in generale, nautico senza verificare la direzione e coordinare le politiche realizzate delle Regioni Lazio,Campania,Calabria e Sicilia.
Se meritoriamente in Campania si costruiscono e si progettano nuovi porti ed approdi turistici le altre regioni sopra indicate devono essere incentivate a fare altrettanto.
Solo così, ad esempio, si potrà proporre, ai mercati e nelle borse internazionali, il Sud come meta del turismo nautico e crocieristico.
In questo modo si potrà consolidare la specificità dell’intera area costiera del Tirreno del Sud e, nel contempo, conseguire notevoli risparmi nella promozione turistica.
1.6 Con l’allargamento dei mercati, specie dell’Unione, non si può, in Italia e nel Sud, andare verso un moderno campanilismo, magari facilitato da riforme costituzionali non condivise e non coordinate.
Non si vuole ritornare agli errori del passato delle Casse e dei Ministeri per il Mezzogiorno, ma s’intende dare un contributo alla crescita economica, occupazionale e sociale di un’importante e strategica zona d’Italia rimasta inconcepibilmente al palo.
1.7 Il ragionamento di filiera non deve riguardare solo il comparto turistico e dei beni culturali, ma deve essere esteso a tutte le attività ed indipendentemente dalle dimensioni aziendali.
Esemplificativamente, che senso ha – anche per le attività di produzione- parlare di innovazione scientifica e tecnologica, di processo e di prodotto, senza collegarle alle attività ed ai bisogni delle imprese, specie delle PMI che, negli anni, hanno dimostrato grande flessibilità adattandosi alle nuove tendenze e richieste del mercato.
1.8 Orbene, posto che tutti sono ormai d’accordo che questo costituisce il primo obiettivo, bisogna concretamente favorire il collegamento ed incentivare la collaborazione tra il sistema imprenditoriale meridionale ed il mondo della ricerca e dell’innovazione ( Università, centri di ricerca pubblici e privati) offrendo alle aziende beni e servizi reali e non solo il fondo perduto ovvero creando meccanismi di maggiore premialità fiscale per chi investe in ricerca ed innovazione.
1.9 In questa direzione ben venga anche la modifica della 488 da contributo a fondo perduto in finanziamento, a tasso zero, rimborsabile in venti anni, purchè automatico e senza particolari “filtri”.
Del resto non è concepibile che un’impresa possa rimanere sul mercato se non è in grado di restituire, ogni anno, almeno un ventesimo del capitale ricevuto in prestito.
Le Associazioni d’imprenditori devono prendere coscienza che per il bene e la sopravvivenza del sistema produttivo meridionale deve cessare la logica dei “ professionisti del fondo perduto”.
Pur essendo una misura utile, occorre un segnale di discontinuità che può passare solo circoscrivendola agli investimenti che concernono la ricerca e l’innovazione oppure in ben individuati segmenti produttivi capaci di stare sul mercato creando, da subito, una sensibile e positiva ricaduta occupazionale e/o di fare da “locomotiva” per singole filiere.
1.10 Anche il rapporto Banche-Imprese deve mutare ed evolversi.
Andrà sensibilmente favorito l’intervento delle Banche nel capitale di rischio delle PMI e via via ridotto il ricorso alla “garanzia reale” o personale dell’imprenditore pressocchè illimitata.
Nel contempo vanno incentivate le forme di aggregazione delle strutture di garanzia collettive che, specie nel sistema delle PMI, sono ancora troppo piccole e dispongono di risorse finanziarie inadeguate.
Trattasi di strumenti di assoluta attualità che potranno sempre più accompagnare – anche in considerazione della prossima introduzione del sistema di valutazione comunemente indicato Basilea 2- la crescita del sistema imprenditoriale seguitando a svolgere una funzione di cerniera, di cuscinetto, di “mediatore gentile” tra le imprese e le Banche.
1.11 Sul fronte del venture capital non si può obliterare del tutto la facile obiezione del sistema creditizio secondo cui non ci sarebbero le condizioni e le necessarie garanzie per intervenire nell’ambito del sistema delle PMI.
Occorre, quindi, che l’associazionismo economico, superando vecchie e miopi logiche di comparto, metta in campo iniziative volte al confronto con gli investitori istituzionali e solleciti le necessarie riforme, prime fra tutte quella del codice civile e del diritto fallimentare, del processo del lavoro e di quello esecutivo.
1.12 Il sottosviluppo del Sud, accompagnato dalle incomparabili bellezze paesaggistiche, naturali e culturali, costituisce una delle più grandi opportunità d’investimento per gli imprenditori nazionali ed internazionali che vanno però colte molto in fretta.
L’allargamento dei confini dell’Europa deve spingere il ceto politico a “ guardare l’orologio” – per dirla con Stefano Folli in un autorevole fondo sul Corriere di domenica 31 ottobre- se non vuole che il Sud resti definitivamente emarginato dalla locomotiva dell’Europa.
E’ necessario che la P.A. viaggi alla stessa velocità delle imprese i cui tempi decisionali si sono notevolmente ridotti, specie a causa della velocità di comunicazione e della progressiva globalizzazione dei mercati.
Il sistema burocratico, nonostante tutti gli interventi di semplificazione, rimasti in gran parte sulla carta (v. ad esempio, la possibilità concreta di autocertificazione delle imprese ed in talune regioni del Sud il funzionamento degli sportelli unici per le attività produttive), è ancora legato ad una logica ottocentesca.
Occorre che la P.A. accompagni e favorisca, sapientemente e velocemente, i processi di crescita delle imprese.
Il rapporto va profondamente rivisitato e strutturato in modo che per le imprese sia un’occasione di crescita e non un freno allo sviluppo.
Se il “cambio di mentalità” richiederà del tempo nell’immediato bisogna individuare strumenti di coordinamento snelli ed efficaci in modo che sia chiara la controtendenza.
1.13 Bisogna far crescere le nuove generazioni d’imprenditori perché si “riapproprino del futuro”, creare le condizioni perché le nuove leve del Sud possano operare in un contesto profondamente modificato che abbia, quanto meno, colmato il gap di competitività attuale.
Nel contempo, bisogna far comprendere il vantaggio d’investire al Sud, specie agli imprenditori di quelle zone – originariamente depresse- che hanno visto dapprima crescere e consolidarsi il sistema delle PMI e successivamente, raggiunta la saturazione produttiva urbanistica e territoriale, diffondersi la tendenza a delocalizzare all’estero.
In altre parole, anche sul piano culturale, bisogna avvicinare il Sud ed i suoi imprenditori al modello produttivo realizzato con successo in alcune aree (tutt’altro che in declino) del Paese e, nello stesso tempo, forti della maggiore conoscenza dei mercati acquisita negli ultimi quindici anni, incentivare gli imprenditori del Centro-Nord ed esteri ad investire al Sud, fornendo loro le opportune garanzie di agibilità ed i necessari sostegni.
1.14 Una doppia spinta propulsiva che potrà concretamente assorbire il divario tra il Sud del Paese ed il resto d’Europa.
Gli effetti positivi per tutti sono facilmente intuibili: incremento della ricchezza e dell’occupazione, creazione di nuovi insediamenti produttivi in ambito Ue, miglioramento della posizione dell’Italia nella “ classifica” dei Paesi più industrializzati.
Tutto ciò dovrà ovviamente essere accompagnato da incentivi all’investimento in termini di beni, servizi reali e finanziamenti strutturati in tempi certi ed in modo automatico, senza cioè filtri della P.A.
In quest’ottica va vista, con estremo favore, la detassazione degli utili reinvestiti, i bonus fiscali per le assunzioni e per i nuovi investimenti.