Forti critiche della Claai, rispetto ad alcuni provvedimenti annunciati dal Governo nel quadro della cosiddetta Riforma del Mercato del Lavoro
“Altro che crescita! Abbiamo la sensazione che il clamore sollevato dalle modifiche ai dispositivi di uscita abbia relegato in secondo piano la pesante penalizzazione prevista per alcuni meccanismi di entrata al lavoro!”. Si legge nel comunicato stampa diffuso dalla nostra organizzazione.
In particolare le contrarietà più forti si riferiscono alla disposizione che impone alle imprese artigiane un nuovo pesante contributo pari all’1,4% sui contratti a tempo determinato, destinato a finanziare i nuovi ammortizzatori sociali (ASPI).
La formula del tempo determinato è di fatto una risorsa vitale per le aziende artigiane. poichè costituisce un prolungamento dell’irrilevante periodo di prova previsto nei CCNL, insufficiente per una reale reciproca valutazione del rapporto. Di fatto permette di operare con comprensibile prudenza in presenza della congiuntura negativa ma nel contempo continuare ad assumere. Considerando che, in base ai dati in nostro possesso, quasi il 70% di questi contratti viene trasformato in rapporto a tempo indeterminato, risulta chiaro che non c’è nessuna tendenza a mantenere la precarietà. L’artigianato da sempre avvia rapporti particolarmente intensi, spesso personali con i propri dipendenti.
Il nuovo contributo annunciato dal Governo carica l’impresa per una cifra stimabile a 400/500 euro annui per ogni dipendente, e inevitabilmente frena le assunzioni, considerando anche che sulle imprese artigiane è in arrivo l’aumento della contribuzione previdenziale e la stangata della nuova imposta sugli immobili aziendali, introdotti con il Decreto SalvaItalia e, come non bastasse, a breve si profila l’annunciato ritocco dell’IVA.
“Non è certo così che si favorisce la crescita e soprattutto il rilancio del settore artigiano che dispone delle maggiori potenzialità per avviare la ripresa economica. Ci auguriamo inoltre che non venga fuori qualche pasticcio anche sul fronte dell’apprendistato, altra risorsa del nostro comparto, che vive una contrazione evidente dovuta alla mancanza di una normativa incentivante.
Il Governo sostiene di volerne fare il percorso principale di accesso al lavoro? Bene, ma allora è indispensabile che si dia corso e sostegno alla riforma dell’apprendistato elaborata dall’allora ministro Sacconi, che entrerà in vigore a tempi brevissimi, con la quale si privilegia quella “formazione in azienda”, presupposto fondamentale per il mondo artigiano. Bisogna che l’apprendistato sia davvero un meccanismo semplice ed efficace anche per rimettere in moto quel ricambio generazionale che auspichiamo da tempo e senza il quale il Paese intero perde gran parte della spinta verso la ripresa e la crescita.
INTERVENTO SUL SOLE 24 ORE
Nel merito della Riforma del Mercato del Lavoro, la Claai, Confederazione delle Libere Associazioni Artigiane italiane, è intervenuta su Il Sole 24 ore di mercoledì 21 marzo con questa nota:
Con riferimento alle trattative tra Governo e Parti Sociali in materia di riforma del mercato del lavoro, la CLAAI, Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane, in rappresentanza di oltre 90 mila imprese dell’artigianato che danno lavoro a circa 280 mila addetti, esprime forte dissenso all’introduzione di provvedimenti che allarghino alle piccole imprese le normative oggi solo riservate alle aziende di maggiori dimensioni.
L’introduzione di tali misure pregiudica la speranza legittima dell’artigianato di disporre delle necessarie condizioni per avviare concreti processi di crescita, dopo gli effetti drammatici della crisi, peraltro tutt’ora in atto.
La Claai ritiene che “tiri una brutta aria di uniformità” destinata a non riconoscere all’artigianato le peculiarità di micro e piccola impresa, spesso familiare, fondata su un rapporto particolare e per lo più personale con i pochi dipendenti che la caratterizzano.
E’ inaccettabile che si sia discusso, ad esempio, di estendere l’Articolo18 anche alle imprese con meno di 15 dipendenti, cioè a gran parte delle realtà artigiane da sempre escluse. Ed è soprattutto inaccettabile pensare che anche le piccolissime aziende debbano versare contributi al Fondo per la Cassa Integrazione o similari, strumenti che, salvo eccezionali periodi come fine 2009 e 2010, mai sono rientrati nella pratica d’uso degli imprenditori artigiani.
Questo ulteriore onere, sommato all’aumento delle contribuzioni previdenziali a carico delle aziende, già imposto dal Decreto “SalvaItalia”, alla reintroduzione dell’imposta sugli immobili aziendali e al prossimo ritocco dell’Iva, concorrerebbe a penalizzare gravemente le imprese artigiane e pregiudicare la loro potenzialità di costituire il principale volano per la ripresa economica.