Le modifiche dei procedimenti amministrativi e giudiziari del pacchetto competitività
di ALESSANDRO LIMATOLA
Le misure contenute nel “Piano di azione per lo sviluppo, economico, sociale e territoriale”, più comunemente definito pacchetto competitività, rappresentano solo un segnale dell’attenzione verso il mondo dell’Impresa ed in particolare verso le Pmi.
Solo un segnale – che, a nostro avviso, non colpisce del tutto nel centro – perché con le misure realizzate di certo non si potrà dare quella scossa che il sistema produttivo italiano attende da anni, da troppi anni.
Anche le cd. “riforme costo zero” appaiono inadeguate, prime fra tutti quelle legate ai procedimenti amministrativi e giudiziari.
Per esigenze di spazio non possiamo sviluppare tutti i punti che vorremmo esprimere e le osservazioni che il richiamato provvedimento ci dà spunto di formulare.
Ci limitiamo a commentare le modifiche introdotte sia a mezzo del decreto legge 35/05 che quelle proposte alla Camera con il Disegno di Legge Ac 5376 concernenti le “innovazioni” in tema di procedimenti amministrativi e giudiziari.
Per questi ultimi, secondo noi, dopo tanti anni di attese la montagna ha partorito il topolino.
In tema di giudizi civili sono state introdotte pochissime modifiche che non sembrano neppure ben collegate e coordinate con il sistema codicistico vigente.
Le disposizioni immediatamente operative riguardano unicamente:
il modo di notifica degli atti giudiziari – anche a mezzo del servizio postale – che, da oggi (salvo modifiche in sede di conversione del DL), potranno essere effettuate anche a mezzo fax o posta elettronica;
il dimezzamento dei termini per l’esercizio delle azioni revocatorie fallimentari;
l’ampliamento dei margini di utilizzo del “concordato preventivo” e delle convenzioni per la ristrutturazione del debito dell’imprenditore insolvente.
Ci sembrano misure inadeguate se è vero, come è vero, che le Imprese – e le Professioni- attendono un’organica riforma sia del diritto fallimentare che dei Codici.
Per i procedimenti amministrativi occorrerà fare grande attenzione perché le nuove disposizioni potrebbero rallentare, anzicchè accelerare, i tempi delle istruttorie.
Il principio cardine delle modifiche sul punto è l’”istituzionalizzazione” del silenzio-assenso, divenuto modo generale con il quale si pronuncia la P.A. nei rapporti con le Imprese.
Prima di entrare nel concreto del provvedimento non si può, a nostro avviso, ancora perseguire la politica costruita intorno all’idea di attribuire un determinato significato al silenzio della Pubblica Amministrazione; è uno strumento che è servito all’inizio degli anni novanta, come rimedio alla lentezza ottocentesca dell’apparato amministrativo che vedeva il cittadino e l’impresa più come suddito che come titolare di diritti (e di doveri).
Anche in questo campo bisogna superare la logica dell’emergenza consapevoli del fatto che le nuove tecnologie – specie informatiche – aiutano, anche gli Enti pubblici, ponendoli in condizione di dare risposte certe e tempestive alle richieste delle Imprese .
Sulla linea tracciata dalla legge di semplificazione amministrativa del 1990, è stata estesa la Denuncia di Inizio Attività anche agli Albi e Ruoli cui deve iscriversi chi intende esercitare un’attività economica.
Nello stesso tempo, le deroghe a tale principio sono state ulteriormente dilatate con la predisposizione di un lungo elenco di atti – di competenza delle Autorità più varie – esclusi da tale regime.
I segnali che in questo modo vengono inviati appaiono contraddittori perché da un lato viene decisa un’ulteriore “semplificazione” dei procedimenti allargando la sfera di applicazione della norma del 1990 – e legittimando, di fatto, il silenzio (colpevole) della P.A. – e dall’altro sono stati ampliati i settori che non possono “beneficiare” della semplificazione.
Le perplessità potrebbero rimanere di carattere politico se la nuova procedura non avesse previsto l’obbligo per il privato di attendere, dopo la presentazione della Dia, 30 giorni e di effettuare una seconda comunicazione alla P.A. la quale ha ulteriori 30 giorni per vietare l’attività richiesta.
Non solo, ma la “mini riforma” appare anche a metà.
Infatti, non è stato previsto un termine unico per la formazione del silenzio assenso né è stata realizzata un’elencazione con i diversi termini previsti per i singoli procedimenti amministrativi ma è stato stabilito che per ciascun provvedimento, con appositi regolamenti, dovranno (quando?) essere stabiliti i periodi necessari per le singole istruttorie e, quindi, i termini per la formazione della volontà degli Enti pubblici destinatari delle richieste.
Fino all’entrata in vigore dei suddetti regolamenti è stato previsto il più lungo termine di 180 giorni per tutte le Autorità interessate.
Si è in questo modo realizzato un livellamento verso il basso ed un ulteriore allontanamento nei rapporti tra PP.AA. da un lato, Imprese e cittadini dall’altro.
Non solo, ma è stata offerta alle Amministrazioni meno virtuose la possibilità di eludere anche il termine semestrale (“biblico” per i tempi dell’Economia e degli Affari) con la convocazione di una Conferenza dei Servizi (che va fatta tutte le volte in cui è necessario che alla decisione partecipino più settori dell’Amministrazione ovvero vi siano competenze concorrente di più Enti) entro 30 giorni dalla richiesta con l’ovvia conseguenza che i, già lunghi, tempi dei procedimenti amministrativi si dilateranno di oltre 4 mesi.