di ALESSANDRO LIMATOLA
Come la storia recente ha insegnato, i fenomeni più rilevanti sul piano economico e sociale risultano, in genere, importati in Europa dai paesi anglosassoni.
Il periodo che viviamo ne è la conferma vivente visto che la crisi economica attuale nasce dalla cd. “bolla” immobiliare e(aggiungiamo noi)finanziaria statunitense.
Fortunatamente l’Europa e l’Italia non sono stati né sono l’epicentro del terremoto.
Tuttavia, gli effetti deleteri della crisi (innanzitutto di consumi) in atto si avvertono con grande intensità anche in Italia (ancor più al Sud perché si aggiunge alla debolezza strutturale ed allo storico svantaggio competitivo delle nostre imprese).
Se questo è vero, dovremo attendere i primi segnali di ripresa oltre oceano per intravedere la luce in fondo al tunnel e poter, quindi, diffondere – a ragion veduta – messaggi, se non di ottimismo, almeno positivi.
I dati congiunturali della economia non consentono di fare previsioni rassicuranti nel breve periodo visto che il calo degli ordinativi di (beni e servizi) è del 20/30%, percentuale che cresce nei settori produttivi cd. “maturi”, cioè in quei settori dove l’innovazione e la ricerca sono fermi da tempo.
I segnali che vanno attesi riguardano, dunque, innanzitutto la finanza perché è da lì che è partita la crisi allargatasi all’economia reale ed in secondo luogo il mercato immobiliare.
Tali segnali si avranno, a nostro giudizio, quando aumenterà la disponibilità di capitali per il sistema bancario, in uno alla contestuale riduzione del costo del danaro ed alla stabilizzazione dei prezzi del mercato immobiliare.
Sono questi i tasselli che hanno fatto saltare gli equilibri del sistema e sono dunque tali fattori che vanno rimessi a posto se si vuole stabilizzare l’economia globale.
All’attualità mentre il mercato immobiliare va verso un assestamento (dopo una crescita durata molto tempo ed una precipitosa – quanto velocissima – discesa), la riduzione del costo del danaro non è ancora avvertita da imprese e famiglie dal momento che l’abbassamento dei tassi da parte delle banche centrali ha indotto gli istituti di credito ad aumentare gli spread lasciando così sostanzialmente invariato il costo del danaro per l’utilizzatore finale.
Secondo noi questa è una condizione di fondo perché il forte calo dei consumi che ha tolto alle imprese liquidità, ha creato per il sistema produttivo il bisogno di approvvigionamento presso il sistema bancario proprio nel momento in cui gli istituti(che avevano parallelamente puntato, più o meno massicciamente, sulla finanza altamente speculativa) registrando numerosi ed importanti default avevano ridotto sensibilmente le linee di credito.
Se si compirà a breve questo sforzo per ripartire tutt’insieme, il nostro Paese potrà ripartire tra i primi cogliendo così le migliori opportunità ed i primi frutti della ripresa.