di ALESSANDRO LIMATOLA
Affrontare i problemi di Napoli è un bene, un dovere di ogni cittadino, un imperativo categorico per chi ha capacità, competenze e responsabilità.
I temi che in questo periodo si stanno affrontando, anche in vista dell’elezione del nuovo Sindaco della città, s’intrecciano con le polemiche suscitate dal libro di Giorgio Bocca “Napoli siamo Noi”.
Non abbiamo mai applaudito chi, da un contesto lontano e molto diverso da quello napoletano, si mette sul pulpito a predicare, chi si limita alla critica solo per il gusto di distruggere, chi vede negatività ed interessi privati in ogni iniziativa posta in essere dalle Amministrazioni Locali.
La valanga di fango scaricata gratuitamente da Bocca, non deve dividere la città in due partiti: i contro ed i pro Bocca. Deve convincere che strumenti – o forse campagne propagandistiche – come questi servono solo a distruggere quello che di buono c’è in città, a deprimere ed a schiacciare ulteriormente ogni sforzo di chi (e sono tanti, imprenditori in testa) intende sollevare la schiena e contribuire alla crescita sociale ed economica della propria città.
Certo di cose da fare ce ne sono tante, non tutto è stato soddisfacente negli ultimi anni; di questo il Sindaco uscente ne sarà sicuramente consapevole così come i leaders locali dei partiti che hanno governato le Amministrazioni.
Prima di criticare (specie se partendo da una condizione economica, sociale e culturale) ciascuno deve, però, chiedersi cosa ha fatto per Napoli negli ultimi cinque anni, in che modo ha contribuito al regolare andamento della propria città.
A noi sembra che la stasi che indubitabilmente è stata registrata negli ultimi tempi sia il frutto di un, oramai palpabile, senso di sfiducia generalizzato e sempre più pervasivo.
Appare, quindi, indispensabile che la Classe dirigente si ponga come primo obiettivo quello di aiutare ciascuno a ricostruire l’intima convinzione che Napoli ce la può fare, che ha capacità e strumenti.
Il futuro per cittadini ed imprese può, senz’altro, essere roseo – o forse a tinte meno fosche – a condizione, però, che ci sia la volontà concreta di reagire, di migliorare le condizioni complessive, di agganciare Napoli al treno delle realtà economicamente più sviluppate e socialmente meglio organizzate.
E’, in altre parole, necessario uno sforzo, oseremmo dire, una crescita culturale complessiva.
Naturalmente tutto ciò non potrà essere fatto delegando semplicemente, con il proprio voto, questo o quel personaggio, questo o quel partito.
E’ necessario che la cd. società civile contribuisca ad un simile disegno con idee, progetti, iniziative.
Tutti – gli imprenditori, i giornalisti, i professionisti, le università ed ogni singolo cittadino – nell’ambito del proprio ruolo e delle singole competenze, devono fare la propria parte, dare il proprio contributo, evitare di adattarsi, di lasciarsi andare abituandosi alle “procedure” ed ai tempi napoletani perché ”tanto così deve andare”; “è tutto scritto”; “Napoli è destinata a morire”.
E’ vero che la grinta e la voglia di uscire dall’attuale condizione è difficile a trovarsi a Napoli dal momento che il senso di sfiducia è diffusissimo ma è, altresì, vero che – pur trattandosi di “merce rara” – è a costo zero.
Nella costruzione dei programmi elettorali, le forze politiche dovrebbero avviare il confronto con quelle economiche e sociali proprio su questo terreno.
Lo sforzo culturale da mettere in campo è proprio questo e rappresenta, a nostro giudizio, la via per uscire dal tunnel.
Questo è, a nostro giudizio, l’ambito in cui dovranno muoversi i candidati a Sindaco nelle campagne di ascolto e/o di confronto con le forze sane della città.
