di EGIDIO PAOLUCCI
In controtendenza rispetto ai venti di ampliamento dell’ambito di applicazione dell’articolo18 dello Statuto dei Lavoratori, le indagini sul mondo del lavoro condotte dagli istituti demografici sembra che, invece, segnalino un maggiore ricorso delle imprese italiane al lavoro temporaneo.
Il lavoro interinale (o lavoro in affitto) è quella particolare forma di rapporto di lavoro che consente all’impresa (utilizzatrice) di usufruire della prestazione di lavoro senza procedere all’assunzione diretta del lavoratore “utilizzato” che è invece, messo a disposizione (fornito) dalla società di lavoro temporaneo nell’ambito dei casi e delle autorizzazioni statali previsti e disciplinati dalla legge 196/1997 e dai contratti collettivi di lavoro.
In genere, tra le esigenze che spingono alla richiesta di fornitura di lavoro temporaneo spiccano la velocità di selezione e di assunzione, l’ampia offerta di candidati e soprattutto la copertura dei picchi di lavoro senza affrontare il rischio dell’esubero e, conseguentemente, gli obblighi connessi alla traumaticità dell’eventuale interruzione del rapporto di lavoro.
In pratica, nella scelta fra la “flessibilità” (illegale) che, in un certo senso, è data dal ricorso al c.d. lavoro sommerso e quella di non assumere affatto, il mondo delle imprese sta sempre di più scoprendo e rivalutando la “flessibilità” (legale) garantita dalle società di fornitura di lavoro temporaneo.
Infatti, il lavoro temporaneo si sta scoprendo nel mondo imprenditoriale come la risposta alle necessità di flessibilità e di rapidità di intervento del mondo del lavoro, nel pieno rispetto degli aspetti di legalità e di diritto fondamentali per la
dignità del lavoratore.
Ciò perché, le caratteristiche del lavoro temporaneo, o lavoro interinale, sono regolamentate in Italia dalla Legge numero 196 del 24/6/1997 , frutto della concertazione tra imprenditoria e rappresentanze sindacali e garantiscono che durante il periodo di lavoro presso un’azienda (missione) il lavoratore temporaneo, a parità di mansioni, abbia gli stessi diritti e doveri del suo collega assunto con contratto indeterminato; ivi compreso il diritto al versamento dei contributi previdenziali e assicurativi.
È pur vero che la Legge stabilisce che le aziende possono rivolgersi alle società autorizzate per la fornitura di lavoro temporaneo solo per un numero di “missioni” limitato e per affrontare picchi di lavoro, sostituire personale in malattia o per nuove necessità produttive, ma è altrettanto vero che la soluzione fornita da tale forma di rapporto di lavoro assicura, quantomeno, una concreta possibilità di pervenire (sia da una parte che dall’altra) all’eventuale decisione di instaurare un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, solo dopo avere testato le proprie e le altrui esigenze e capacità durante il tempo della “missione”.
Ciò in quanto, durante tale periodo l’azienda potrà verificare se il lavoratore è in possesso del requisito professionale per il quale è stato chiamato e, in caso contrario, potrà chiedere la sostituzione con altro lavoratore, evitando così quelle pratiche burocratiche necessarie per l’assunzione del personale, che invece saranno a carico dell’impresa fornitrice.
In conclusione, può affermarsi che sicuramente il ricorso al lavoro temporaneo non costituisce la risoluzione di tutti gli atavici problemi che il mondo del lavoro porta con sé, ma a volte il superamento di qualche “tabù” non è detto che non sia foriero di progresso e vantaggi per la nostra imprenditoria.
responsabile ufficio legale Claai