di ALESSANDRO LIMATOLA
Le nubi all’orizzonte della ripresa quest’anno si presentano quanto mai fitte e fosche.
Alla consueta “pigrizia” di fine agosto a ritrovare l’ambiente che si era lasciato alcune settimane prima, si aggiungono le difficoltà sempre più intense di chi esercita un’attività produttiva al sud.
Gli indicatori economici dell’ultimo anno sono peggiorati vistosamente e non s’intravedono neppure in lontananza politiche di sviluppo idonee ad invertire la tendenza.
Il rapporto sul 2007 pubblicato da Svimez attribuisce la maglia nera alla regione Campania.
Abbiamo il più basso prodotto interno lordo (PIL) pro capite d’Italia benché il rapporto giovani/anziani sia ancora a favore dei primi.
Quel che è più grave è che si acuisce il divario con le regioni del Nord e del centro le quali presentano, pur nella generalizzata difficoltà dell’Economia, situazioni diametralmente opposte. Si pensi che tra il Pil di un cittadino campano e quello di un cittadino valdostano v’è una differenza – non di pochi punti ma – superiore al 100% (€ 16.547,90 contro € 33.929,80).
E’ un fenomeno preoccupante che, da un lato, è concausa dei fenomeni d’”insofferenza” politica delle regioni del Nord rispetto al Sud e, dall’altro, produce un progressivo “allontanamento” anche sociale e culturale tra le genti delle diverse regioni.
Quanto innanzi è ancor più pericoloso per il futuro se si considera che la situazione così come venutasi a determinare, ha accentuato il processo di “impoverimento” del territorio, segnato sempre più da – nuovamente rilevanti – fenomeni di mobilità sociale. I giovani che si spostano verso le regioni del Centro nord sono sempre di più e questo rappresenta un fattore unico tra i paesi europei.
Dal Sud, nel periodo 2004- 2007, si sono “allontanati”, in media, oltre 60.000 giovani all’anno la metà dei quali provenienti dalla Campania ed è difficile pensare che vi facciano rientro se non cambia radicalmente la situazione attuale.
Se a ciò si aggiunge che l’indebitamento delle PMI campane – che rappresentano ancora la colonna portante del ns. sistema economico – è aumentato nell’arco di un anno di 1 miliardo di euro circa (2000 miliardi di lire) e che non si riscontrano massicci investimenti negli ultimi 12 mesi, emerge con evidenza la serietà della situazione attuale.
Occorre, quindi, un’inversione di tenenza che, a prescindere dalla previsione di incentivi economici, abbia – come base di ragionamento l’obiettivo – di tutti (cittadini,imprese, politica, scuola, sanità)di mettersi in discussione e di fornire il proprio – piccolo o grande – contributo ad una svolta indispensabile che deve passare prima di tutto attraverso un cambiamento generalizzato di mentalità.
Occorre, in altre parole, un’ampia e generalizzata svolta culturale.