di ALESSANDRO LIMATOLA
La pervicacia delle organizzazioni rappresentative degli interessi delle piccole e medie imprese è riuscita ad ottenere l’importantissimo risultato di far attuare, anche in Italia, la direttiva 2000/35 Cee concernente i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali.
Ciò si è concretamente realizzato con l’approvazione e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del decreto legislativo n° 231 del 2002.
Il contenuto del provvedimento – entrato in vigore il 7 novembre 2002 – è ampio ed articolato dal momento che investe questioni di diritto non solo di carattere sostanziale, ma anche di natura processuale ed in particolare le norme relative alle procedure monitorie (ricorso per decreto ingiuntivo) che rappresentano, com’è noto, lo strumento più utilizzato dalle imprese per il recupero dei propri crediti scaturenti da somministrazioni di merci e/o da prestazioni di servizi.
Le modifiche più rilevanti possono, senz’altro, essere individuate nella determinazione del momento in cui nasce la mora e nelle sanzioni che l’ordinamento ha apprestato nei confronti dei “ritardatari”.
In sintesi – per effetto della nuova normativa – si può affermare che: a) perché si verifichi l’inadempimento del debitore, non è più necessaria una costituzione in mora, ma colui che ha ricevuto la somministrazione dei beni o la prestazione dei servizi è considerato inadempiente per il solo fatto di non aver pagato, nel termine concordato con il fornitore, il corrispettivo convenuto; b) in caso di inadempimento, il debitore è tenuto a corrispondere gli interessi di mora – che, in caso di mancato accordo tra le parti, sono stati determinati in misura pari al tasso di riferimento fissato dalla Bce (Banca Centrale Europea) maggiorato di sette punti percentuali; c) il debitore, oltre agli interessi di mora, è tenuto a rimborsare al creditore tutti i costi sostenuti per il recupero del credito ed a risarcire il maggior danno eventualmente dallo stesso subito. Rientrano tra le transazioni commerciali sottoposte a tale normativa non solo i rapporti tra imprese (di diritto privato), ma anche quelli – aventi ad oggetto la prestazione di servizi o la somministrazione di merci- tra imprese e Pubblica amministrazione.
Sono, invece, escluse dalla nuova regolamentazione le obbligazioni di pagamento aventi natura risarcitoria, i debiti dell’imprenditore fallito o di quello sottoposto alle altre procedure concorsuali previste dal nostro ordinamento e le richieste di pagamento di interessi moratori aventi ad oggetto somme inferiori ai 5 euro.
Devono ritenersi conseguentemente esclusi tutti quei rapporti contrattuali – o meglio quelle transazioni commerciali – non concluse tra i soggetti giuridici sopra indicati.
Il risultato conseguito può, senz’altro, essere considerato epocale dal momento che con la nuova normativa possono finalmente essere sanzionati fermamente gli abusi perpetrati, negli anni, dai grossi “committenti” nei confronti dei piccoli e piccolissimi imprenditori con riguardo ai pagamenti delle forniture.
Infatti, con frequenza, le piccole e piccolissime imprese – specie quelle operanti nell’ambito dei rapporti commerciali di subfornitura – sono state costrette ad accettare, senza poter reclamare più di tanto, ritardi ingiustificati nei pagamenti – già concordati – dei corrispettivi loro dovuti.
In più di un caso grandi imprese – “capitanate” da imprenditori o manager considerati “illuminati” – hanno creato “banche interne” incassando in contanti i corrispettivi delle vendite dai propri clienti e corrispondendo, invece, a scadenze ancora più lunghe dei termini convenuti, quanto dovuto ai propri fornitori per quelle stesse merci o per parte di esse.
Corollario di tale disinvolto, anche se, purtroppo, finora lecito, modo di operare è che le imprese fornitrici (quasi sempre piccole) di alcuni grandi committenti, pubblici e privati, sono state, di fatto, costrette a sopportare in proprio gli oneri finanziari che spettavano, invece, a questi ultimi.
In questo modo i valori aggiunti delle piccole imprese si sono sempre più ridotti, così come la possibilità per le stesse di patrimonializzarsi, investire, crescere e consolidarsi sui mercati.
Il decreto legislativo in commento costituisce, pertanto, a parere di chi scrive, un importantissimo passo verso i principi di trasparenza e libertà che devono regolare ed informare tutte le attività economiche all’interno dei paesi facenti parte dell’Ue.
Nell’ambito delle attività istituzionali della nostra Associazione, divulgheremo a tutte le piccole e medie imprese della Campania il contenuto di tale previsione normativa.
Riteniamo, però, che molti altri passi dovranno essere fatti (specie dalla Pubblica amministrazione e dagli organi di controllo e garanzia nell’ambito dell’importantissima funzione di regolazione del mercato) tenendo presenti i valori in tal senso più volte espressi dalle Istituzioni comunitarie.
dal Notiziario CLAAI – Dicembre 2002