di ALESSANDRO LIMATOLA
Le condizioni in cui versa Napoli e la Regione impongono un vero scatto di orgoglio, uno sforzo di entusiasmo per far sì che la ns. terra, giacimento importante di capacità e creatività, torni ad essere uno snodo fondamentale della nazione ed un punto di riferimento per il Sud.
Le vicende dell’anno appena trascorso impongono, però, un’inversione a 180° non solo delle forze politiche ma anche della cosiddetta società civile.
Nel primo caso forse l’inversione andrebbe fatta a 270 ° ma questo non esclude la – indispensabile ed indifferibile – necessità di uno sforzo “catartico” di tutte le forze sociali della ns. comunità che possa rendere visibile, a strettissimo giro, la volontà dei napoletani e dei campani di rendere la Città e la Regione due posti assolutamente normali.
Sono davvero stucchevoli le polemiche (quasi sempre strumentali ed oggetto di sciacallaggio politico) in ordine al cambio di rotta, alla necessaria “discontinuità” nell’azione e nel personale politico che si registrano nelle ultime settimane.
Che di cambiamento, anzi di svecchiamento, del personale politico vi sia necessità è un dato assolutamente certo ed incontrovertibile. Parimenti necessario è l’intervento, ancorché doloroso, della Magistratura e delle forze di Polizia per reprimere con energia ogni forma di illegalità, prima fra tutte quella dei ccdd. Colletti Bianchi.
Tutto questo però non basta !
Non esiste – e non è neppure auspicabile – l’Uomo, il Sindaco, il Governatore o il Procuratore della “Provvidenza”; è necessario che Tutti – cittadini, imprenditori, lavoratori, associazioni, scuole, università – in maniera forte e precisa rimuovano l’intollerabile approccio – rassegnato e fatalista – ai mali di Napoli e dei napoletani, come quello che si registra da un po’ di tempo (forse troppo) a questa parte non solo tra i cittadini che non ricoprono ruoli di responsabilità ma anche nell’ambito della classe dirigente largamente sfiduciata – per non dire disfattista.
L’auspicato sforzo collettivo “catartico” deve essere generalizzato e non può riguardare solo i circoli culturali e la buona borghesia, salottiera e ben pensante, composta da un numero di persone ancora troppo piccolo e senza gran voce che, da sola, non potrebbe, comunque, modificare una città o addirittura una regione intera.
Bisogna far sì che le periferie, la gran parte dei cittadini si convincano che vivere in queste condizioni è assolutamente disumano e che – di questo passo – i loro, i nostri, figli si troveranno un contesto sociale ed economico sempre più arido ed emarginato dai circuiti nazionali ed internazionali .
Certamente il “tirare a campare”, il “Dio ci pensa”, “ meglio l’uovo oggi che la gallina domani” sono principi che affondano le loro radici nei secoli ma è altrettanto vero che solo combattendo queste “incrostazioni” culturali, in lungo ed in largo, si può pensare in un riscatto della ns. terra, da troppo tempo atteso ed auspicato.