di ALESSANDRO LIMATOLA
Da poco si sono conclusi gli stati generali dell’Economia e ci sembra giusto esprimere la nostra opinione.
L’iniziativa – lodevole sul piano metodologico e del confronto – ha visto grandi economisti discutere, analizzare le condizioni e le potenzialità della nostra Regione proponendo soluzioni ed obiettivi da perseguire.
Lo sforzo messo in campo dall’Amministrazione regionale ci sembra importante perchè, in assoluta controtendenza (nel linguaggio politico sarebbe stato utilizzato il termine discontinuità) rispetto al passato, ha consentito un confronto chiaro e netto, per una volta non filtrato dai giornali, tra le forze sociali sulle iniziative da mettere in campo per far ripartire la locomotiva Campania.
Il confronto però da solo non basta.
Occorre ora affrontare il tema degli obiettivi reali da conseguire partendo dal presupposto che ciò di cui necessita la grande impresa non è uguale a ciò che serve alla PMI che rappresenta comunque il 98% delle imprese ed oltre l’80% dell’economia campana.
Sono dati imprescindibili dai quali non si può non partire anche per aver chiara l’idea che il nostro motore, in termini di Pil, oltre e prima della spesa “pubblica allargata” è rappresentato dalle PMI.
A nostro giudizio al di là del dettaglio delle misure concrete d’incentivazione e prima di individuare i settori strategici è opportuno evidenziare che, per tutti i comparti economici, non ci potrà essere sviluppo senza fiducia di imprese e cittadini e che non bastano i danari pubblici per far ripartire gli investimenti privati.
Ad allora che fare ?
Per noi bisogna creare innanzitutto le precondizioni dello sviluppo intese nel senso di ridare fiducia attraverso il ripristino, prima di tutto, del corretto vivere civile.
Su questo terreno riteniamo, ad esempio, che non si possa parlare di attrazione degli investimenti, interni ed esterni, se e fino a quando non si darà tranquillità – ad imprese e cittadini – sotto il profilo della criminalità organizzata e comune la quale diventa sempre più aggressiva e “punta”, come un parassita, con i propri sporchi interessi, a quelle strutture che producono ricchezza ed occupazione fino a determinarne la “morte”.
Gli imprenditori, specie quelli piccoli, necessitano di una modifica delle procedure amministrative e di una Pubblica Amministrazione che, oltre ad essere, deve anche apparire trasparente ed efficiente.
Un passaggio intermedio (tra le precondizioni e le condizioni dello sviluppo) appare – a nostro giudizio – il tema delle infrastrutture le quali, nell’ottica di un’economia sempre più globale, sono non necessarie ma indispensabili.
Basti pensare all’innovazione ed alle piccole e medie imprese; queste ultime – pur consapevoli della necessità che hanno di evolvere, aggiornare e migliorare le proprie produzioni – oggi incontrano notevoli difficoltà nell’evitare che i propri prodotti diventino obsolescenti e superati e, quindi, di mantenere il proprio livello di competitività.
Infrastrutture non significa ovviamente solo aree tematiche, parchi scientifici e servizi reali alle imprese ma anche porti, trasporti, zone franche, comunicazioni, informatica, infrastrutture immateriali, ecc. .
In questo consiste il gap di competitività di cui soffre, da troppo tempo, il nostro territorio.
Ed è solo su tali premesse (fiducia ed infrastrutture) che possiamo pensare al modo in cui incentivare chi vuole insediare e/o ampliare le proprie imprese nel nostro territorio, confrontandoci – poi – sui metodi e modelli di sviluppo da seguire.